La Nuova Sardegna

Nuoro

Onda Rosa: la Regione vuole chiuderci

di Paolo Merlini
La Corsa Rosa dell'aprile scorso a Nuoro per finanziare Onda Rosa
La Corsa Rosa dell'aprile scorso a Nuoro per finanziare Onda Rosa

Nuoro, la psicologa Luisanna Porcu scrive al presidente Pigliaru: «Chiaro il disegno della giunta di porre fine ai centri dell’isola»

26 luglio 2016
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NUORO. «La giunta Pigliaru vuole cancellare i centri antiviolenza», tuona Luisanna Porcu, responsabile di Onda Rosa, la più longeva tra le associazioni sarde che assistono le donne che subiscono maltrattamenti e abusi in famiglia e fuori. In che modo? «Tagliando i finanziamenti ai centri e alle case rifugio dell’isola con motivazioni pretestuose. In sostanza, non applicando la legge regionale 8/2007 che ha istituito i presìdi contro la violenza sulle donne. E lo fa proprio a cominciare da Nuoro, che non solo è il primo centro nato nell’isola, vent’anni fa, e tra i primi in Italia, ma è anche quello che in Sardegna assiste il maggior numero di donne in termini assoluti».

I numeri di Onda Rosa infatti sono impressionanti, soprattutto se raffrontati al bacino d’utenza della provincia di Nuoro, dove vive appena il 10% degli abitanti dell’isola: 330 le donne assistite ogni anno dal centro antiviolenza e sedici quelle ospitate ogni giorno, spesso con i propri figli, nella casa accoglienza. Nonostante ciò, e pur continuando a mantenere il servizio, Onda Rosa negli ultimi due anni ha lavorato sostanzialmente senza fondi, accumulando debiti sino a 500mila euro. «Alla fine del 2015 l’assessorato regionale alla Sanità ha erogato il 70 per cento dei fondi relativi al 2014 a tutte le associazioni dell’isola, ad eccezione di quella nuorese», continua la psicologa Luisanna Porcu, che individua nella ripartizione criteri legati più al colore delle amministrazioni in carica, a suo avviso vicine alla giunta Pigliaru, che di merito o di necessità. Lo scrive senza perifrasi nella lettera che proprio ieri ha indirizzato al presidente della Regione.

I fondi arretrati per Onda Rosa sono finalmente arrivati il 30 giugno scorso, dopo mesi di mobilitazione (230 mila euro per il 2015 e 40mila per il 2014). «Nel frattempo è stato fondamentale l’aiuto che abbiamo ricevuto dai cittadini nuoresi ma non solo, attraverso donazioni in varia forma. Una solidarietà immensa che ci ha aiutato a capire quanto il nostro lavoro sia importante e sentito come necessario». Ma a fine giugno, assieme alla notizia buona è arrivata anche la cattiva: Nuoro ha avuto il suo finanziamento, «ma decurtato di 46.503,39 da noi già spesi e attentamente documentati al Comune di Nuoro e da loro approvati perché attinenti al progetto», sostiene la psicologa. E il 2016? «Non esiste una delibera regionale che indichi la somma da ripartire fra tutti i centri dell’isola neppure per il 2015, figuriamoci per il 2016» .

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Onda Rosa ha partecipato nei giorni scorsi al tavolo promosso dalla commissione pari opportunità regionale sul problema della violenza sulle donne, al quale erano presenti rappresentanti del consiglio e della giunta regionale, delle forze dell’ordine e dei centri antiviolenza. Ufficialmente un incontro per discutere un’emergenza di grande attualità, nei fatti «una lettura opposta ai saperi delle donne e dei centri antiviolenza». Un primo passo verso il ridimensionamento del ruolo dei centri, secondo Luisanna Porcu. Testimoniato dalle parole del capo gabinetto della presidenza della Regione, Filippo Spanu: «La volontà di fare organizzazione c’è, mentre per quanto riguarda il problema legato alle risorse abbiamo problemi di gestione di bilancio».

C’è una sottovalutazione del fenomeno? Giunta Pigliaru a parte (cinque assessori donne su un totale di 12), non ci sarebbe da stupirsi in un parlamentino, qual è il consiglio regionale dell’isola, che ha una presenza femminile pari al 6,66 % (appena quattro donne su un totale di 60 rappresentanti): un dato in linea con le nazioni più arretrate sul fronte dei diritti delle donne, e comunque ben al di sotto della media europea del 22%, già bassa di suo.

Ma quali sono le spese che l’assessorato regionale alla Sanità contesta a Onda Rosa? «Si tratta di fatture non quietanziate, visto che spesso vengono inviate per email, spese per fax e computer, come se dovessimo comunicare con le cerbottane quando, per esempio, segnaliamo episodi di violenza alle procure. O l’acquisto di occhiali per le donne che accogliamo. L’unica cosa che non ci viene contestata è la spesa per il cibo, non si capisce perché. Hai voglia di spiegare ai funzionari dell’assessorato che non siamo una mensa: noi creiamo percorsi di libertà per le donne».

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