La statua-simbolo sul monte: un segno di pace e fratellanza
La storia del monumento al Cristo Redentore comincia il 29 agosto 1901 Da allora l’Ortobene, costruzione dopo costruzione, ha cominciato a popolarsi
di FRANCESCO PIRISI
La storia inizia il 29 agosto 1901, sulla montagna che domina la città, ricolma di lecci e rinfrescata dallo scorrere antico di sorgenti. Gli operai coinvolti dal comitato presieduto dal vescovo Salvatorangelo Demartis hanno appena finito di collocare la statua di bronzo, scolpita dal calabrese Vincenzo Jerace, nel suo laboratorio di Napoli. Ottomila fedeli assiepati intorno partecipano alla prima messa. Manca solo l'artista, in lutto per la scomparsa qualche settimana prima della moglie Luisa, la cui figura sarà ricordata da Grazia Deledda con una poesia incisa sulla lapide vicina al Redentore. Lunedì prossimo sono dunque 116 anni di omaggi, messe, canti, balli della tradizione in onore della statua issata sul crinale di Cuccuru Nieddu, per volere di Leone XIII. Il papa ha stabilito di segnare il giubileo del 1900 con 20 statue (o cappelle) in altrettante cime dell'Italia, una delle quali a ricordo del proprio giubileo sacerdotale.
A Nuoro il simulacro ha come modificato le sembianze della comunità, prima conosciuta per essere un centro urbano popoloso, e con una discreta borghesia rurale, in mezzo a “ville” (biddas), piccole, spesso povere, e comunque chiuse in un'esistenza uguale da secoli. Già diventata città nell'800, da lì a qualche lustro sarà capoluogo anche per l'anagrafe statale, ma soprattutto la sede eletta per il Redentore. Oggi si può dire che l'immagine è la stessa, nonostante sia trascorso un secolo, con due guerre mondiali, la rinascita regionale, il rango di capofila di gran parte dell'interno isolano, la stessa industrializzazione, il cambiamento epocale nei ritmi di vita e nelle comunicazioni.
Una città con il suo simbolo che continua a farla importante, mentre parte del contesto sociale e istituzionale è scemato. Tanto da portare a pensare che la convinzione di possedere un simbolo, riconosciuto, e un luogo di richiamo turistico possano essere motivo e spinta di ripresa. L'Ortobene e il Redentore del resto rappresentano gli elementi celebrati e invidiati della Nuoro del dopoguerra, che riprende la crescita iniziata una volta istituita la Provincia, nel 1926. Il monte è luogo di residenza di diverse famiglie, per l'ossigenazione estiva. I nomi e cognomi dei titolari delle case sono noti: gli avvocati Antonio Luigi Are e Ciriaco Offeddu, l'ingegnere Dino Giacobbe. E poi i Siotto, Guiso, Campanelli, Manconi, Gardu. Nel 1911 il pioniere della residenza sul monte è stato Francesco (Chischeddu) Pirari-Mannironi, compagno di liceo, a Sassari, e amico fraterno di Sebastiano Satta. Una quotidianità di buon vicinato, nella frescura dei mille metri della cima. Molto può il comune sentire di fede. La sera ci si ritrova nella chiesetta della Madonna del Monte per la recita del rosario. Ferragosto è un'anteprima del Redentore, con i convegni pomeridiani, per un caffè o una bibita.
La ricorrenza dei padri ha calcato i passi tra la Solitudine e la tanca “sae sos Frores”, dove il monumento appare al pellegrino: “Villa vi, s'istatua!”. Ci si rinfresca nella fonte di Milianu. Tragitto tra lecci e arbusti, che nella mattina del 29 vede passare la processione, con il vescovo e capitolo della cattedrale. La pattuglia è di un migliaio di persone. I fedeli indossano il costume tradizionale, “su vestire rusticu”. Tra le due guerre sono parte della processione, prima della separazione dei decenni successivi. Il degradare dell'estate, la fine della festa, segnano il tempo del rientro a Nuoro. Prima della discesa, un pranzo comunitario, all'ombra de “s'arvule primu”.