La Nuova Sardegna

Nuoro

I legali di Rocca: il superteste parli in aula

di Valeria Gianoglio
I legali di Rocca: il superteste parli in aula

Le arringhe degli avvocati difensori Lai e Manconi: «Non si può condannare all’ergastolo senza vedere chi dice il falso»

15 ottobre 2016
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SASSARI. «Mi vengono i brividi – dice sul finale della prima parte della sua arringa, l’avvocato Mario Lai, al processo d’appello per la morte della casalinga gavoese Dina Dore – mi vengono i brividi a pensare che una persona possa venire condannata all’ergastolo, sulla base di un soggetto che dice il falso. Mi vengono i brividi a pensare che i giudici giustifichino le contraddizioni emerse nei suoi racconti come “errori dettati dall’emozione”. Ma quale “emozione”? Se non l’hanno mai visto in aula! Come si fa a non chiamarlo a deporre, Stefano Lai? Anche se è stato sentito in incidente probatorio deve essere sentito anche a dibattimento anche perché in aula sono emerse tante nuove circostanze e contraddizioni che lo smentiscono. E come lui devono essere sentiti in aula anche Pierpaolo Contu, perché la sua sentenza è diventata definitiva e non può più avvalersi della facoltà di non rispondere, e la mamma Giovanna Cualbu».

Sono passate da poco le 13.30, e nell’aula della corte d’assise d’appello, a Sassari, non vola nemmeno una mosca. In fondo alla stanza ci sono i fratelli di Dina Dore, Graziella, Bruno e Giuseppe, e a qualche sedia di distanza ci sono anche Tonino e Anna Rocca, padre e sorella del dentista gavoese Francesco Rocca, che sta affrontando il giudizio di secondo grado come presunto mandante dell’omicidio della moglie Dina, trovata morta, nel garage di casa a Gavoi il 26 marzo del 2008. Ieri al processo d’appello, è stato dunque il turno dei difensori di Rocca, Mario Lai e Angelo Manconi.

«Il vero assassino – dice l’avvocato Manconi, nel corso della sua arringa durata circa tre ore e mezza – è in giro, a spasso per Gavoi, e nessuno lo sta cercando. Il nostro consulente, e luminare italiano della genetica, il professor Emiliano Giardina, che si è occupato anche della vicenda di Yara Gambirasio, dice che gli basterebbero 800 prelievi di Dna per trovare il killer, colui che ha lasciato la sua saliva sul nastro adesivo che avvolgeva Dina Dore, e invece nessuno fa niente. È una cosa di una gravità inaudita, fa supporre che esistano cittadini di serie A e cittadini di serie B: perché nel caso di Yara hanno fatto ben 18mila prelievi di Dna, mentre nel caso di Dina ne hanno fatto appena 80 a Gavoi, la metà dei quali erano inutilizzabili. Per questo la difesa di Rocca chiede che oltre a Stefano Lai e a Pierpaolo Contu, sia chiamato a deporre in aula.

«Stefano Lai – ribadisce il legale di Rocca – nelle versioni che racconta si contraddice più volte. Forse vuole salvare se stesso o un suo congiunto dall’imputazione nel delitto. Il 2 novembre dice agli inquirenti che non sa niente, poi il 22 novembre accusa Contu e Rocca. Solo che nel frattempo era successo qualcosa: in paese cominciavano a fare il suo nome, e Rino Zurru, cognato di Rocca, si era recato dal padre di Stefano, Antonio Lai, e gli aveva detto “Guarda che tuo figlio è coinvolto”. Il nome di Stefano, insomma, si fa spesso, e fa acqua anche il suo alibi: la sua presenza, a Fonni, quella sera, per il passaggio di proprietà della sua auto, non era necessaria, né è confermata. E poi il suo cellulare quella sera aggancia sempre la cella di Gavoi. Ma viene smentito anche dal teste Joseph Mulas, su alcune circostanze successive. Bisogna sentirlo in aula, non si può continuare a sottrarre alla corte. Lo impone, oltretutto, la coscienza: c’è in ballo la morte civile di una persona. Perché l’ergastolo è una morte civile».

Ma non solo. L’avvocato Manconi chiede alla corte d’assise d’appello presieduta da Mariano Brianda, a latere Massimo Zaniboni, di disporre un confronto in aula tra Lai e il suo ex amico da lui accusato, Pierpaolo Contu. Alla prossima udienza, lunedì 17 ottobre, proseguirà l’arringa dell’avvocato Lai. Poi la corte si ritirerà in camera di consiglio per decidere anche se riaprire l’istruttoria dibattimentale.

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