La Nuova Sardegna

Nuoro

La difesa: «Riaprite il processo Rocca»

di Valeria Gianoglio

L’avvocato Lai: «Tutta l’inchiesta si poggia su anonimi e confidenti che ne hanno dettato la linea. E poi troppe bugie»

18 ottobre 2016
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SASSARI. «Se un giorno, signori della corte, verremo a conoscere chi è il confidente e l’anonimo sui quali è stata formulata l’intera accusa, io vi dico che l’innocenza di Francesco Rocca uscirà cristallina e radiosa. Vi è un terribile dubbio, in questa vicenda e in questa indagine: che non sia stato fatto tutto per accertare la verità. Si è accettata un’accusa formulata da anonimi e confidenti. Se voi farete, invece, signori giudici, ulteriori passi istruttori, rispetterete il diritto e la vostra coscienza. Ve lo chiedo io, difensore: fate tutto quanto possibile poiché ogni dubbio venga chiarito. E assolvete Francesco Rocca». Alle 14.40 di ieri, dopo una maratona di quattro ore di arringa, interrotte solo da una breve pausa, l’avvocato Mario Lai, legale di Rocca insieme all’avvocato Angelo Manconi, chiude la seconda e ultima parte della sua discussione al processo di appello per l’omicidio di Dina Dore.

«In questa indagine – dice il noto penalista nuorese – sono gli anonimi e i confidenti che hanno dettato la linea. Lo rivelano tanti aspetti, a cominciare dal susseguirsi degli eventi, di quella che gli inquirenti definiscono “la svolta” del novembre 2012». Il 2 novembre del 2012, ricorda infatti l’avvocato, il giovane gavoese viene sentito dagli inquirenti insieme ad altricompaesani accusati da un anonimo di essere coinvolti nell’omicidio Dore, ma dice di non sapere nulla. Passano 20 giorni, spiega il legale di Rocca, e il 22 novembre cambia tutto: interrogato ad Abbasanta Stefano Lai rivela che il primo aprile 2008, aveva ricevuto una confessione dall’amico Pierpaolo Contu.

E allora tutto cambia, dice la difesa: vengono letti in maniera diversa anche gli sms che Rocca scriveva alla sua allora amante o quelli che aveva mandato alla moglie Dina. Ma la cosiddetta “svolta”, per Mario Lai, non è frutto di un vero movimento di coscienze civili a Gavoi. Tutt’altro: per l’avvocato Lai, la “svolta” è frutto di alcuni registi occulti, come l’anonimo che aveva mandato la lettera a casa della sorella di Dina e del confidente che in più occasioni aveva parlato con l’agente di polizia, Antonello Cossu. «Cossu non ha mai rivelato chi sia il suo confidente – ripete la difesa – dovete richiamarlo qui a deporre perché deve chiarire tante questioni». Ma anche Stefano Lai, secondo la difesa, deve essere sentito in aula perché il suo racconto sarebbe infarcito di bugie. «Tutto quello che ha detto sulla sera del delitto è falso – ribadisce l’avvocato Lai – non era al bar Barbagia, il suo telefono lo colloca a Gavoi, ed era muto proprio nell’ora del delitto Dore, dalle 18.30 fino alle 19.47. Ma dov’è Stefano Lai in quei momenti? Perché l’accusa non se lo chiede. Dice il falso anche quando racconta di aver saputo da Pierpaolo Contu, intorno alle 19.48, che la donna era scomparsa. Ma a quell’ora non lo poteva certo sapere, visto che lo ha scoperto Rocca dopo le 21. Per il pm si tratta di un “cattivo ricordo”, ma non è vero. Questo è un teste falso. Ha parlato per interesse, per difendere se stesso, perché ho il dubbio che fosse coinvolto».

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