La Nuova Sardegna

Nuoro

Omicidio di Irgoli, ricorso della difesa

di Kety Sanna
Omicidio di Irgoli, ricorso della difesa

L’avvocato di Dessena contro le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo della Corte d’Assise d’Appello

21 novembre 2016
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IRGOLI. L’avvocato Antonino Rossi, legale di Andrea Dessena, unico imputo per il duplice delitto dei fidanzati di Irgoli, Mario Mulas e Sara Cherchi, ha presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza di condanna della Corte d’Assise d’appello di Cagliari che il 23 marzo scorso, a chiusura del processo “bis”, riconfermando i giudizi precedenti, ha condannato all’ergastolo il giovane di Orosei. «Complessi indiziari gravi, certi individualmente e che, valutati nella loro concordanza e concludenza, consentono di ritenere accertata la responsabilità del Dessena oltre ogni ragionevole dubbi». Così scrive il presidente della corte Maria Grazia Corradini nelle 360 pagine che racchiudono le motivazioni della sentenza.

Le sentenze Un’analisi dettagliata e articolata partita dal processo di primo grado conclusosi il 16 dicembre 2011 davanti alla Corte d’Assise di Nuoro, al termine del quale Andrea Dessena era stato condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per un periodo di tre anni. Il giovane era stato ritenuto responsabile del duplice delitto, avvenuto a Irgoli il 3 settembre del 2008. Secondo i giudici infatti, insieme ad altri complici, Dessena si era appostato nei pressi dell’abitazione del carrozziere e aveva atteso che lui e la fidanzata scendessero dall’auto per poi esplodere al loro indirizzo diverse fucilate, tutte andate a segno. Anche la Corte d’Assise di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza in data 1 marzo 2013, aveva confermato la condanna di primo grado. La Corte di Cassazione, però, con sentenza 8 gennaio 2015 aveva annullato il verdetto della Corte d’Assise d’appello e rinviato a nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Cagliari.

Le motivazioni Giudici che si sono poi pronunciati il 23 marzo scorso «ritenendo attendibili, alla luce delle prove acquisite nel primo grado e nel corso del giudizio di rinvio gli elementi accusatori a carico di Dessena: le dichiarazioni del coimputato di reato connesso Manuel Casula, riferite dal teste Emilio Cherchi (padre di Sara); il riscontro della veridicità delle dichiarazioni del Casula, soprattutto attraverso il cd registrato dallo stesso laddove ribadiva agli inquirenti quanto riferito in precedenza a Cherchi e quanto chiedeva per offrire la sua collaborazione confidenziale per il ritrovamento del fucile; le dichiarazioni indirette del teste Cherchi – ritenute attendibili e prevalenti sulle dichiarazioni del teste Piredda – anche perchè Cherchi aveva, un secondo dopo, chiamato i carabinieri per riferirle nonostante la prostazione in cui si trovava, in merito alla confidenza ricevuta, dal teste Salvatore Piredda, esaminato nel giudizio di rinvio con riferimento al litigio avvenuto immediatamente prima dell’omicidio tra Dessena e Mario Mulas; il preannuncio di gravi ritorsioni e della morte rivolti ai Mulas ed ai suoi sodali fino al giorno prima dell’esecuzione – si legge ancora nelle motivazioni – in base ai fatti ritorsivi, dei messaggi indirizzati direttamente da Dessena ad Antioca Chessa, per sè e i suoi familiari; la compromettente conversazione registrata fra Dessena e Casula in data 4 ottobre 2008 con riferimento alle circostanze in cui era stato chiamato in caserma; i comprovati tentativi di inquinamento probatorio posti in essere dal Dessena dal carcere e dai suoi stretti congiunti, comprovati dalle intercettazioni ambientali; l’alibi familiare ed amicale falso offerto al Dessena e smentito in giudizio ed il contestuale accertamento di compatibilità della presenza del Dessena sul luogo dell’agguato, alla stregua della perizia Pellero; infine – concludono i giudici della Corte d’Assise d0appello di Cagliari – l’esistenza in capo a Dessena di una causale che coinvolgeva entrambe le vittime e la contestuale mancanza di causali alternativi».

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