La Nuova Sardegna

Nuoro

I detenuti di Badu ’e Carros in scena con Harold Pinter 

di Alessandro Mele
I detenuti di Badu ’e Carros in scena con Harold Pinter 

Teatro in carcere con la compagnia Nuova Jobia guidata dal regista Pietro Era L’assessore Romagna: «Il penitenziario non deve essere un ambiente isolato»

17 giugno 2017
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NUORO. Un pomeriggio all’insegna della cultura e del teatro, quello vissuto al carcere di Badu ‘e Carros, dove da sempre non mancano le attività destinate ai detenuti non solo di stampo educativo e di formazione personale ma anche di stampo ludico attraverso forme come il teatro che hanno il pregio di unire arte, passione, amicizia e crescita culturale dal punto di vista contenutistico dato lo studio, che viene effettuato nei mesi di preparazione, non solo dei singoli copioni ma anche degli autori e dei significati più profondi delle loro composizioni da mettere sulla scena. A guidare l’iniziativa per il quinto anno consecutivo, è la compagnia teatrale Nuova Jobia formata da detenuti anche della sezione di massima sicurezza e da donne volontarie amanti del teatro, diretta da Pietro Era.

«Lavorare in carcere è molto esaltante – ha dichiarato il regista nel discorso introduttivo – perché ci dà l’esatta misura di cosa significhino la dedizione all’apprendimento e al sacrificio e tutto ciò lo possiamo riscontrare dal tripudio di emozioni che non solo i detenuti sono in grado di provare in maniera genuina ma anche da quelle ben visibili che trasmettono al pubblico che non perde occasione di accorrere numeroso per assistere».

Per festeggiare il quinto anno di attività, anche alla presenza dell’amministrazione comunale nuorese, sempre sensibile a questo particolare tipo di iniziative, rappresentata dall’assessore ai servizi sociale Valeria Romagna, dal presidente del consiglio comunale Fabrizio Beccu e del consigliere Michele Siotto, l’ormai consolidata compagnia teatrale ha deciso di riproporre al pubblico l’opera già messa in scena dai detenuti nel 2013 di Harold Pinter conosciuta come la “Trilogia del consenso”. Le tre opere del premio Nobel alla letteratura, si ispirano a fatti realmente accaduti in varie parti del mondo tra il 1973 e il 1977, tra cui avvenimenti politici e di guerra. La prima opera dal titolo “Il bicchiere della staffa”, si ispira a dei fatti sociali avvenuti nel sud America in paesi come l’Argentina e la Bolivia che analizzano anche la tematica carceraria e nello specifico il rapporto tra prigioniero e aguzzino; la seconda “Il linguaggio della montagna”, tratta invece della tematica relativa alla negazione del linguaggio, problematica viva anche oggi in varie parti del mondo soprattutto a danno delle minoranze linguistiche e dei dialetti spesso messi in secondo piano rispetto alle lingue ufficiali nazionali e alle loro regole sintattiche, problematica tutt’oggi attuale anche in Sardegna con il perdersi dell’utilizzo della lingua sarda che nella rappresentazione che racconta dell’emarginazione curda in Turchia ha sostituito appunto il linguaggio curdo dell’opera originale. La terza intitolata “Party time” è ispirata alla stupidità del mondo moderno borghese che sembra non accorgersi dei gravi fatti che spesso avvengono attorno a se. La scenografia utilizzata per la rappresentazione è nuda e spoglia di qualsiasi oggetto che non sia necessario alla scena, il tutto in onore di Harold Pinter. «Continua la proficua collaborazione tra amministrazione comunale e carceraria – ha dichiarato l’assessore Romagna al termine della rappresentazione – siamo pienamente convinti che il carcere non sia un ambiente isolato dalla società ma che faccia parte di essa e come tale si deve aprire alla città e viceversa». Il lavoro dei detenuti guidati dalla mano sapiente di Pietro Era si è concluso tra gli applausi.

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