La Nuova Sardegna

Nuoro

Ex tessili, protesta per la mobilità

di Federico Sedda
Ex tessili, protesta per la mobilità

Un cavillo burocratico blocca la possibilità per centotrenta lavoratori di ricevere i soldi arretrati

31 gennaio 2018
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MACOMER. Il 12 dicembre 2017, nel corso di un incontro a Cagliari con il presidente della giunta regionale, Francesco Pigliaru, e con l'assessore al Lavoro, Virginia Mura, avevano ricevuto la promessa che nella finanziaria regionale 2018, allora in corso di discussione in consiglio regionale, sarebbero stati trovati i soldi necessari per risolvere la loro situazione di totale mancanza di tutele economiche. E, in effetti, quei soldi, nella finanziaria regionale, sono stati trovati: due milioni e 350mila euro da destinare al pagamento della mobilità in deroga per gli anni 2016 e 2017 dei 130 lavoratori ex tessili del centro Sardegna rimasti fuori dalla proroga degli ammortizzatori sociali per non avere fatto in tempo a fare la domanda. Fine, quindi, del loro calvario? Niente affatto. A poco più un mese dall'approvazione della finanziaria i burocrati dell'assessorato regionale al Lavoro hanno scoperto che quei soldi non si possono spendere per pagare la mobilità arretrata. Per poterlo fare occorrerebbe un decreto del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che, però, non si può fare perché il governo, sotto le elezioni, può svolgere solo ordinaria amministrazione. E allora? Allora punto e a capo. Si ritorna a lottare. Così gli ex lavoratori tessili rimasti fuori dagli ammortizzatori sociali si sono autoconvocati l'altro ieri a Ottana per decidere eventuali forme di protesta da mettere in campo alla vigilia delle elezioni, non escludendo l'astensione dal voto o improvvisi sit-in nelle piazze durante le manifestazioni elettorali. Nel frattempo, gli ex operai hanno fatto sapere di avere dato mandato a uno studio legale per accertare eventuali responsabilità sulla mancata soluzione della loro vertenza che rischia di trasformarsi in dramma sociale. Per cercare di ovviare ai cavilli burocratici messi in campo dalla burocrazia regionale, il comitato regionale di monitoraggio ha proposto di inserire i 130 ex tessili nei cantieri verdi, erogando un assegno di partecipazione al posto dei soldi della mobilità. Una soluzione che loro rifiutano. «Perché - dicono - dovremmo andare a sostituire altri lavoratori disoccupati già destinati a lavorare in quei cantieri, provocando così altri drammi sociali? Noi vogliamo solo che vengano garantiti i nostri diritti e quelli di tutti i lavoratori. Invece siamo di fronte all'ennesimo voltafaccia». Per i sindacati la soluzione è semplice. «I cavilli burocratici dell'assessorato al Lavoro – dicono Iose Mattana (Cgil) e Katy Contini (Cisl) che seguono da anni la vertenza – non possono bloccare l’erogazione dei fondi. La mobilità può essere pagata trasferendo i soldi all'Inps che, a sua volta, li eroga ai lavoratori». Intanto, alla Regione aspettano una soluzione dal ministero del Lavoro. Che, però, ancora non arriva. Nel frattempo, i 130 lavoratori e le loro famiglie sono senza tutela economica. «Le promesse della Regione – scrivono in una nota – si sono rivelate ancora una volta una presa in giro. A dieci anni dalla chiusura delle nostre fabbriche ci sentiamo ancora una volta abbandonati dalle istituzioni regionali e nazionali». Un dramma sociale che coinvolge 130 famiglie trascinate nel baratro da un assurdo cavillo burocratico. Il danno, l’inganno e la beffa.

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