La Nuova Sardegna

Nuoro

Alluvione, via al processo per sessantuno imputati

Valeria Gianoglio
Alluvione, via al processo per sessantuno imputati

Il dibattimento per il crollo a Oloè, la diga e il ponte su rio Sologo. E il viadotto sulla sp 46 nel frattempo non è stato ancora messo in sicurezza

12 giugno 2018
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NUORO. Sessantuno imputati, tre filoni di inchiesta confluiti in un unico processo – il crollo del ponte di Oloè e di quello sul rio Sologo e il disastro della diga Maccheronis – due morti e svariate omissioni che pendono, come accuse, a vario titolo, sulla testa dei politici, professionisti e titolari di imprese edili finiti a giudizio. Dopo quattro false partenze – ovvero udienze dedicate alle cosiddette “eccezioni” sollevate dagli avvocati – ieri mattina, poco dopo le 10 il giudice monocratico Giorgio Cannas ha pronunciato le parole fatidiche: «Dichiaro aperto il dibattimento». Il processo nato dalla devastante alluvione del 18 novembre 2013 è stato dunque aperto in modo ufficiale.

Ci sono voluti quasi cinque anni esatti di indagini, inchieste, sopralluoghi e perizie, e con esse, fuori dalle aule di giustizia, altrettanti strascichi polemici, rabbia e sconforto, ma alla fine il processo per le gravi conseguenze dell’alluvione, è cominciato. Il prossimo 17 luglio, come ha stabilito ieri il giudice monocratico, verrà stabilito il calendario delle udienze, poi il processo entrerà nel vivo.

Da un lato il pubblico ministero, Emanuela Porcu, e i difensori delle 27 parti civili. Dall’altro un foltissimo gruppo di avvocati dei 61 imputati. E nel mezzo i cinque responsabili civili, ovvero gli enti o le società che nel caso di condanna dovranno risarcire il danno alle parti civili: sono il Consorzio di bonifica della Sardegna centrale, la società ex Maltauro, la Provincia di Nuoro, la Regione Sardegna, il Comune di Torpè. Tra le parti civili, ci sono anche i tre poliziotti rimasti feriti il 18 novembre del 2013 durante il crollo di una parte del ponte di Oloè. E c’è anche Annalisa Lai, la vedova del poliziotto della questura di Nuoro, Luca Tanzi, morto, purtroppo, per le ferite riportate quando il fuoristrada con il quale stava scortando un’ambulanza è caduto dentro la voragine aperta sul ponte.

Ma oltre alla morte del coraggioso poliziotto, alcuni degli imputati dovranno rispondere anche di un’altra morte: quella della pensionata di Torpè, Maria Frigiolini, morta dopo lo straripamento del rio Posada perché, secondo l’accusa, sulla sponda destra del fiume erano state realizzate in mondo non adeguato le rampe di accesso all’alveo. E sempre per diverse inosservanze delle regole, per la Procura, il ponte sul rio Sologo era crollato. A cinque anni dalla tragedia, dunque, il processo è stato aperto ma già, da più parti, spira sentore di prescrizione, soprattutto per alcuni reati: si prevedono tempi lunghi, infatti, per l’istruttoria, e il rischio che alcuni reati si prescrivano prima di arrivare alla conclusione della vicenda giudiziaria è concreto.

Ma nel frattempo, e prima che siano attestate eventuali responsabilità degli imputati, il vero dato disarmante di tutta la vicenda resta il fatto che alcune delle opere distrutte dall’alluvione non sono ancora state sistemate e rimesse in sicurezza. È il caso del ponte di Oloè per il quale proprio pochi giorni fa la Provincia di Nuoro ha dovuto bandire un nuovo appalto, da 480mila euro, per bloccare l’erosione del terrapieno al km 7 lungo la strada provinciale numero 46. Un intervento che prevede la manutenzione delle sponde del fondo alveo che erano state realizzate dall’Anas tempo fa e che da settimane si stanno letteralmente sbriciolando.

Il caso è approdato anche in Regione attraverso una interrogazione al presidente Francesco Pigliaru, presentata dal consigliere regionale dei Riformatori, Luigi Crisponi. Il dato disarmante, che anche Crisponi rileva nella sua interrogazione, è il fatto che si debbano spendere ora molti altri fondi per rimediare a un lavoro che a suo tempo, secondo i tecnici, era stato realizzato in modo inadeguato. Tant’è che ora, proprio le sponde sulle quali l’Anas e la ditta che aveva incaricato aveva lavorato, si stanno sbriciolando.

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