La Nuova Sardegna

Nuoro

Malata di cancro, l’Assl di Nuoro: è abile al lavoro

Luca Urgu
Malata di cancro, l’Assl di Nuoro: è abile al lavoro

La denuncia di Michela Brotzu, 50 anni: «Mi sono stati revocati senza spiegazioni l’accompagnamento e l’invalidità»

01 novembre 2019
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NUORO. Con la lotta per la salute tuttora in corso è pronta a ingaggiare una battaglia legale affinché le vengano riconosciuti quei diritti fondamentali prima concessi e poi di nuovo negati. La guerra di Michela Brotzu, nuorese, 50 anni, continua su più fronti. Non bastavano le sofferenze per un tumore alla tiroide che combatte con grande dignità ormai da vent’anni, le tante operazioni e i viaggi della speranza negli ospedali della Sardegna e della penisola. Un calvario per lei e la sua famiglia che l’ha minata nel fisico sempre più sofferente (continuano le cure di chemioterapia) ma anche nelle risorse finanziarie della famiglia ridotte al lumicino. In questa condizione a dir poco difficile, che metterebbe chiunque in serie difficoltà, lo scorso anno una boccata d’ossigeno era arrivata dalla concessione dell’inabilità lavorativa e dall’accompagnamento. Due misure con le relative dotazioni finanziari che erano state un reale aiuto alla donna e a suo marito, che per provvedere e sostenere l’assistenza della moglie aveva dovuto perdere molte giornate di lavoro.

La doccia fredda è però arrivata nel giugno di quest’anno quando la Commissione medica dopo aver visitato la malata oncologica ha ritenuto che sia l’inabilità lavorativa che l’accompagnamento non fossero dovuti. Un altro diniego è arrivato due mesi dopo quando Michela Brotzu ha ripetuto la visita, sperando di ribaltare il primo giudizio, ma così non è andata. «Non mi rimane che chiedere risposte adeguate davanti a degli atti che ritengo profondamente ingiusti. Ho già dato mandato ad un legale per un ricorso che spero riesca a mettere bene in evidenza davanti al Tribunale i tanti paradossi di una situazione che di colpo mi ha riportato indietro di dieci anni, mentre ci sono le cartelle cliniche a parlare la mie condizioni di salute sono purtroppo peggiorate di molto», sottolinea Michela Brotzu.

«In pratica mi si dice che non avrò più l’accompagnamento perché sarei in grado di lavorare, ma attualmente faccio ancora la chemioterapia, non sono affatto guarita, anzi sono peggiorata». Ex commessa di un supermercato cittadino, dove ha lavorato per tanti anni malgrado quel male subdolo avesse iniziato a presentarsi e ad avanzare. «Eppure cercavo di pesare il meno possibile sul datore di lavoro e utilizzavo le ferie per curarmi. Mio marito che lavora nell’edilizia ha dovuto perdere molte giornate per starmi vicino ed accompagnarmi. Purtroppo questo calvario non è affatto finito e anche ora vado a Cagliari anche più volte al mese per la chemioterapia», spiega la donna.

«Chiedo soltanto che mi venga ridata la pensione di inabilità, che poi sono soldi che ho versato io con il lavoro, e l’accompagnamento, non si tratta di un lusso né di un privilegio, ma di una necessità nella mia situazione di salute precaria e di spostamenti continui».

Sottoposta a diversi interventi, l’ultimo a Milano nel 2017 non ha risolto il problema. Le cellule cancerogene resistono e per contrastarle servono altri cicli di chemioterapia a Cagliari. Un bombardamento che se ha effetti positivi sul male innesca anche una serie di problemi sul quadro generale. «Il mio fisico non regge più, ho una continua sofferenza ai piedi e allo stomaco e alle mani. Poi, a peggiorare le cose ci si mettono pure queste decisioni che appaiono assurde», è la denuncia di Michela Brotzu.

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