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Nuoro

Gavoi ricorda i soldati della Grande guerra in un libro di ritratti

Gavoi ricorda i soldati della Grande guerra in un libro di ritratti

GAVOI. Il ricordo dei soldati della Grande guerra, racchiuso nel dettagliato volume presentato il 5 novembre scorso a Gavoi e intitolato “Gavoi ricorda i suoi soldati”, durante un affollato incontro...

15 novembre 2019
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GAVOI. Il ricordo dei soldati della Grande guerra, racchiuso nel dettagliato volume presentato il 5 novembre scorso a Gavoi e intitolato “Gavoi ricorda i suoi soldati”, durante un affollato incontro organizzato da S’Universidade libera de sos ansianos che ha curato il libro, offre veramente tanti spunti di riflessione riportando fedelmente numerose testimonianze sulle vite dei ragazzi che hanno combattuto al fronte. Oltre ai ricordi infatti, tramandati grazie a figli e nipoti, emergono tante curiosità dall’incredibile raccolta di cartoline e lettere dal fronte, fino a qualche tempo fa custodite gelosamente nei cassetti delle case gavoesi, e ora regalate alla comunità, grazie a un progetto di amore per la propria storia e la propria identità. Uomini di valore, 57 dei quali morti in terra lontana, altri tornati a casa con il trauma di condizioni di vita estreme e la paura per la propria vita, ma di una dignità e coraggio altissimi, capaci di emozionare per il tramite dei testi ben curati e presentati con una cura estrema nell’opera comunitaria gavoese.

Così è, leggendo la storia del sergente Giuseppe Mereu Sale (classe 1896; morì a Gavoi nel 1979), capace di emozionare perché va oltre il singolo attaccamento alla propria terra, alla propria famiglia, o ai meriti in campo o per le sofferenze nei campi di prigionia.

Questa storia si spinge verso un’umanità che la guerra facilmente fa dimenticare, e contestualizzata al momento che viviamo ora, fa riflettere ancora di più. Il racconto su questo soldato della Fanteria Brigata Friuli, parla di una lunga marcia sulla neve, al gelo, di un gruppo di soldati che per rifocillarsi trovano un casolare abbandonato. «Si sistemarono cercando di stare comodi quanto potevano – si legge – e si apprestavano a cavare dagli zaini la pagnotta e il rancio in dotazione quando sentirono strascicare sulla neve. L’inconfondibile scricchiolio degli scarponi sul ghiaccio si faceva sempre più vicino. Nessuno disse più una parola, mentre gli occhi andavano da uno all’altro commilitone e le mani automaticamente si avvicinarono alle armi. La porta si aprì e il vano fu occupato da un altro soldato austriaco. Il giovane, riconosciuta la divisa nemica, istintivamente retrocesse. Giuseppe e i compagni lo fermarono, gli parlarono, lo invitarono a fermarsi con loro e ad accettare qualcosa del poco che avevano. Era chiaro che non aveva mangiato e che non aveva niente da condividere. Sapevano che i soldati austriaci avevano difficoltà a ricevere pasti regolari ed erano contenti di dividere con lui le loro razioni. Era il nemico, non avevano alcun dubbio – si legge ancora nel libro –, ma era anche un giovane come loro, stanco e affamato, provato dalla guerra e dalla lontananza degli affetti». (m.c.)

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