La Nuova Sardegna

Nuoro

Memorie di un’insegnante di musica

di Alessandra Porcu
Memorie di un’insegnante di musica

Ica Sogos, storica docente di tanti allievi a Macomer, ricorda la sua carriera

24 novembre 2019
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MACOMER. Quella per l’insegnamento è stata una passione incontenibile che l’ha spinta a salire in cattedra a soli 19 anni. Giovanissima, nel 1961, Ica Sogos ha tenuto la sua prima lezione nella scuola di avviamento professionale di Macomer. «La maggior parte dei miei alunni era più grande di me. Per questo, all’inizio, non sapevo se dare loro del tu o del lei», ammette sorridendo. Macomerese doc, classe 1942, ha insegnato dapprima calligrafia e poi musica alle scuole medie.

«Terminato l’istituto magistrale, dopo qualche anno, ho deciso di iscrivermi al Conservatorio dove mi sono diplomata in solfeggio e didattica della musica. Nel frattempo continuavo a svolgere il mio lavoro che mi portava a cambiare spesso sede. A confrontarmi, e in alcuni casi, a scontrarmi con realtà differenti dalla mia. Non è stato facile, ma dall’esperienza – racconta – ho imparato una cosa. Per farsi rispettare non serve essere autoritari, bisogna essere autorevoli. Ho sempre cercato di guardare oltre. Oltre il carattere scontroso di alcuni alunni. Oltre la loro finta indifferenza. Oltre quella che molti, forse in modo superficiale, definivano poltronite. Insomma, ho capito che era necessario superare le apparenze. Solo così, a mio avviso e soprattutto in quest’epoca, insegnanti e studenti possono entrare in sintonia, fidandosi gli uni degli altri». Bitti, Macomer, Borore, Silanus e Dualchi. Sono alcuni dei centri in cui Ica Sogos ha ricoperto il ruolo di professoressa o meglio di "pro". "Così mi chiamavano i miei alunni", ricorda orgogliosa. Nella sua carriera ultratrentennale sono stati decine e decine quelli a cui ha insegnato a leggere uno spartito musicale e a suonare il flauto, ma anche e soprattutto ad amare la scuola.

«Ogni alunno è diverso. Non esistono ragazzi o ragazze più intelligenti di altri. Ci sono ragazzi e ragazze con sensibilità e capacità diverse. Sta al docente comprenderlo e impegnarsi per farle emergere». E a ben guardare le letterine e le poesie che gli alunni di Dualchi hanno scritto alla loro “insegnante di vita”, sembrerebbe proprio che l’obiettivo sia stato centrato. Le parole di Simona, Manuel, Claudia, Marco, Tamara e Danilo sono profonde. Tenere. Sincere. E nonostante siano trascorsi 27 anni, rileggere quelle frasi fa sempre un certo effetto. D’improvviso gli occhi verdi di Ica Sogos diventano lucidi. Riescono a stento a trattenere l’emozione.

Il ricordo di quei bambini è più che mai vivo, così come intenso è il pensiero di saperli ormai uomini e donne maturi. «Mi piacerebbe tanto rivederli. Per essere sicura che stiano bene. Per capire cosa stiano facendo. Ma, in particolare – confessa – per rendermi conto se si siano dimenticati di me oppure no».

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