La Nuova Sardegna

Nuoro

Magomadas, i dubbi sull’impianto

di Giulia Serra

La vicenda fanghi diventa un caso regionale. La struttura non è collegata alla rete elettrica 

20 dicembre 2019
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MAGOMADAS. Da praticamente sconosciuto ad impianto della discordia. In pochissimi giorni l’ampliamento delle attività svolte all’interno del sito per il trattamento e il recupero di rifiuti non pericolosi della Planargia è diventato un caso regionale, rimbalzato anche sulle testate nazionali dopo i video-denuncia diffusi da Mauro Pili. La società che lo gestisce è la Geco srl, subentrata alla Ecoricicla di Leonardo Galleri, operante già da anni nel recupero di rifiuti edili e che, con l’ingresso di Sarda appalti lavori costruzioni, società sassarese dei fratelli Angius, amplia i suoi interessi imprenditoriali puntando sul riciclo dei fanghi di depurazione. Regolarmente autorizzata, la struttura insediata nell’area artigianale-industriale di Magomadas che dovrebbe trattare a regime 80mila tonnellate di fanghi, è alimentata tramite due gruppi elettrogeni in funzionamento alternato. È questo uno degli elementi più sorprendenti dei quali si prende atto visitando il sito che accoglie i grossi mezzi articolati carichi dei fanghi pugliesi che quotidianamente attraversano il mare e mezza isola per giungere in quella porzione di territorio della Planargia. L’impianto, entrato a tutti gli effetti nel business del trattamento dei rifiuti per la loro trasformazione in ammendanti per l’agricoltura, non è ad oggi fornito dalla linea di corrente elettrica. Un particolare che non è sfuggito ai tecnici dell’Arpas che hanno eseguito la verifica del funzionamento delle sei vasche, quelle nelle quali stazionano per qualche giorno i fanghi sottoposti ad un trattamento che è anche di tipo termico, durante sopralluogo di metà ottobre sollecitato del Comune di Magomadas. Proprio durante l’ispezione, l’interruttore generale del sistema di riscaldamento dei fanghi mediante chillers risultava spento. Rispondendo alle domande dei tecnici, il gestore ha spiegato che i chillers non erano in funzione in quanto, per ragioni di sicurezza, al momento del passaggio da un gruppo elettrogeno ad un altro, è necessario spegnere l’interruttore generale. La stessa argomentazione è stata fornita per spiegare il non funzionamento dell'apparecchio installato per abbattere le emissioni provenienti dalla linea di essicazione fanghi, il cosiddetto scrubber. Ciò che il sopralluogo farà emergere, e che sarà a fondamento già della prima ordinanza di diffida emessa dalla provincia di Oristano con la quale sono state sospese da ottobre a novembre le attività dell’azienda, non riguarda però l’approvvigionamento energetico del sito, bensì il cuore delle attività, ossia le operazioni di miscelazione del fango in uscita dalle vasche con altro materiale proveniente dalla vagliatura di rifiuti misti da demolizione. Sarà proprio quest’ultimo aspetto a non convincere le autorità competenti, che neppure dopo la documentazione aggiuntiva presentata dalla società per sbloccare lo stop imposto sul conferimento all’esterno dell’impianto del prodotto finito, concederà l’autorizzazione all’uscita del materiale. Per questo, a metà novembre, la provincia permetterà alla Geco di ricevere i fanghi pugliesi in ingresso, ma vieterà di far uscire l’ammendante per l’agricoltura prodotto nel sito fino al 21 novembre, autorizzando in via provvisoria il loro stoccaggio all’interno dell’impianto.

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