La Nuova Sardegna

NUORO. La palla, adesso, passa all’anatomopatologo Vindice Mingioni. Sarà lui, come perito incaricato dal giudice per le indagini preliminari Claudio Cozzella, da qui ai prossimi mesi, a scavare tra i documenti, le analisi e i referti che hanno accompagnato il percorso sanitario della giovane Francesca Debuggias, e ad accertare se tra quelle carte si possa celare una qualche omissione, negligenza o forma di sottovalutazione dei sintomi che possa spiegare la morte della paziente nuorese. Toccherà al medico, dunque, nell’udienza del 26 giugno, al termine dell’incidente probatorio, spiegare se in qualche modo, e con una diversa condotta da parte degli indagati, la morte della ragazza, il 19 luglio del 2017, poche ore dopo il ricovero all’ospedale San Francesco, poteva essere evitata. Il perito ha chiesto 120 giorni di tempo per eseguire i suoi accertamenti e depositare la sua relazione. La illustrerà nella prossima udienza davanti al gip, il 16 giugno. Anche la parte civile, rappresentata dagli avvocati Francesco Carboni e Alessandro Tuvoni – che rappresentano i familiari di Francesca Debuggias – e la difesa dei due indagati, hanno nominato i loro consulenti. I due indagati sono il medico Teresa Orani, difeso dall’avvocato Lorenzo Soro, e l’operatore del 118, Sandro Arminu – difeso dall’avvocato Sebastiano Chironi– che quel giorno, dalla centrale operativa di Sassari, aveva raccolto la telefonata con la richiesta di soccorso. Secondo il gip, che ha disposto l’imputazione coatta, il medico non aveva riconosciuto i segni di «una patologia cerebrale ad alto rischio letale». Mentre l’operatore del 118 «si sbrigò a liquidare la pratica con un duplice codice verde e trasporto». (v.g.)