La Nuova Sardegna

Nuoro

Ottana, cinque a giudizio per rifiuti non autorizzati

di Valeria Gianoglio
Ottana, cinque a giudizio per rifiuti non autorizzati

In aula un carabiniere del Noe che eseguì il sopralluogo nell’isola ecologica «C’erano carenze strutturali e gestionali, oltre ad amianto e sostanze pericolose»

22 gennaio 2020
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NUORO. «L’isola ecologica era stata sequestrata dopo che era scoppiato un incendio all’esterno che poi aveva interessato anche rifiuti all’interno. La Procura ci aveva chiesto, dunque, di recarci sul posto per verificare se rispondeva alle norme sull’ambiente e sul tipo di rifiuti. Abbiamo verificato che non era così: la struttura non era adeguata a quello che prevedevano le norme. Tra le altre cose che non andavano c’era anche la recinzione abbattuta che consentiva l’accesso, i rifiuti venivano stoccati in modo indifferente e sul suolo, e c’era immissione di rifiuti in amianto. Avevamo verificato, insomma, diverse carenze gestionali strutturali». È stato un racconto piuttosto dettagliato quello fatto ieri in udienza dal maresciallo dei carabinieri Giuseppe Maiuli, del nucleo operativo ecologico di Sassari, che ha deposto come teste al processo che vede cinque imputati a giudizio con l’accusa di aver violato un preciso articolo del decreto legislativo numero 152 del 2006: è la “gestione di rifiuti non autorizzata”. I cinque imputati sono l’ex sindaco di Ottana, Giampaolo Marras, il dirigente del Comune, Pietro Antonio Mura – entrambi difesi da Marcello Mereu e Basilio Brodu – i gestori dell’isola ecologica, Giovanni Belloni e Amalia Belloni, difesi da Tullio Moni, l’amministratore del consorzio di cooperative Ciclat, che poi aveva assunto la gestione della struttura, Egidio Giovanni Cafaro, e Franca Puddu, amministratrice della ditta Belloni, difesa da Aldo Petta. Ieri, dunque, in udienza, ha deposto un carabiniere del Noe che aveva eseguito il primo sopralluogo all’isola ecologica, dopo che all’esterno della struttura era scoppiato un incendio. Il maresciallo ha spiegato che «la struttura non era adeguata alle norme. Vi erano anche rifiuti pericolosi come amianto e i Raee, frigoriferi e tv con tubo catodico che contengono sostanze nocive». «Così – ha aggiunto il maresciallo – abbiamo inquadrato chi fosse il gestore: era la Eco 3000, una consociata di un consorzio di cooperative. Il gestore era la Belloni. Abbiamo chiesto i registri di carico e scarico dei rifiuti, ma non c’era. E poi ci siamo rivolti al Comune». E il Comune, come ricorda la difesa, aveva fatto tutto il possibile per migliorare la struttura sia attraverso fondi del bilancio, anche se pochi, che erano serviti anche per sistemare alcune fototrappole ed evitare rifiuti non conformi, sia chiedendo fondi alla Regione. Il processo riprenderà a marzo.

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