La Nuova Sardegna

Nuoro

Bimbo annegato a Orosei, scagionata la mamma

Valeria Gianoglio
Bimbo annegato a Orosei, scagionata la mamma

Celia Nieto Herrera da indagata a parte lesa per l’omicidio colposo del piccolo Richard Mulas. Udienza preliminare a marzo

06 febbraio 2020
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NUORO. Per la giustizia, in poco più di un anno, la sua posizione è cambiata e non di poco: il suo status è passato da indagata per omessa custodia del suo bambino, a parte lesa nell’ambito della stessa inchiesta per omicidio colposo scaturita dalla morte per annegamento del piccolo nella piscina di un residence di Orosei alla fine dell’estate del 2018. Ma per mamma Celia, nella sostanza, e soprattutto nel suo cuore di genitrice colpita nell’affetto più profondo, non è cambiato nulla. Domenica 2 settembre 2018, infatti, mentre Orosei era ancora piena di turisti, bagnanti e clienti di hotel e ristoranti, a mamma Celia è toccato il dolore più grande che possa toccare a chi dà alla luce una nuova vita: ha perso il suo piccolo Richard Mulas. Un frugoletto dal viso paffuto, dallo sguardo vivace, pieno di sogni, amici e passioni.

Aveva sette anni appena, Richard Mulas, e quel giorno giocava nel vascone del residence in via del mare, a Orosei, mentre la mamma finiva di rassettare alcune stanze dell’albergo per il quale lavorava da tempo. Il bimbo, come poco dopo avrebbero stabilito le indagini dei carabinieri, stava giocando da solo in acqua, quando a un certo punto si era immerso fino al fondo della vasca per recuperare una pallina. Ma proprio a quel punto, la sua manina era rimasta incastrata in una valvola di scarico, priva di griglia, e visto che a quell’ora la piscina non aveva altri ospiti, nessuno si era accorto che il bimbo era in difficoltà: cercava di liberare la mano dalla morsa della valvola fino a che, purtroppo, le forze e l’ossigeno erano finiti. Per mamma Celia Nieto Herrera, da allora, è cominciato l’incubo: la vista del corpicino senza vita, le urla di disperazione, il dolore così profondo da non riuscire e reggersi in piedi, accompagnando la bara bianca al funerale insieme al marito Totore, alla figlia Gabriela, ai parenti più stretti e a un vero oceano di amici e compaesani di Irgoli.

E come se non bastasse, a questa tragedia privata, poco dopo si era aggiunto anche il peso di un’inchiesta giudiziaria nella quale tra gli indagati c’era anche lei. L’ipotesi di reato era quella di “omessa custodia”, aveva stabilito la Procura iscrivendola sul registro degli indagati: ma come sempre si ricorda in casi come questo, si trattava di un atto dovuto. Necessario per poter disporre anche altri accertamenti. Certo è che per mamma Celia non sono stati comunque anni e mesi facili, quelli trascorsi da domenica 2 settembre 2018. E a lungo ha dovuto convivere con il peso di un’inchiesta che la vedeva indagata insieme ad altre persone: gli imprenditori Sergio Appeddu e Alessandra Gusai, e Mathias Winkler, titolari dei due residence che condividevano l’utilizzo della piscina. A febbraio dell’anno scorso, poi, nel contesto di un incidente probatorio, il giudice per le indagini preliminari aveva affidato a un perito, un ingegnere idraulico, Francesco Bullitta, il compito di eseguire un sopralluogo accurato nella piscina del residence. E il perito, al termine dei suoi accertamenti, ha stabilito che la vasca non fosse a norma e che sullo scarico mancava la griglia. Mamma Celia, dal canto suo, agli inquirenti lo ha ripetuto: «Quella domenica ero tranquilla come sempre perché sapevo che Richard era sicuro in acqua: aveva fatto la scuola di nuoto». Il gip, alla luce di tutto, ha deciso dunque di archiviare la sua posizione. Mamma Celia esce di scena come indagata ma resta come parte lesa, come mamma straziata. E alla prima udienza preliminare, fissata per marzo, si costituirà parte civile.

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