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Coronavirus, Nuoro: «Fate riaprire i nostri bar o la metà rischia di fallire»

Valeria Gianoglio
Coronavirus, Nuoro: «Fate riaprire i nostri bar o la metà rischia di fallire»

L’appello del “veterano” Tonino Mura: dal 1954 dietro il bancone e con i clienti. «Siamo duecento in città: pronti a lavorare nel rispetto di tutte le precauzioni» 

18 aprile 2020
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NUORO. «Se non ci fanno riaprire al pubblico almeno per un paio d’ore al giorno, e ovviamente con tutte le precauzioni e con poche persone per volta, se non ci danno un sostegno economico, sarà la morte dei bar, ma anche di tutto il piccolo commercio. Penso a tanti miei colleghi, a tutta la categoria, e penso anche a me che lavoro in un bar da decine di anni e che ho lavorato sodo per lasciarlo ai miei figli».

Titolare di un bar dal 1954, dietro il bancone a servire caffè e distribuire battute e sorrisi da che ne ha memoria, ma anche, e in tante occasioni, paziente alla prese con medici e ospedali: poche persone, insomma, come Tonino Mura, conoscono la fatica dei pubblici esercenti ma anche l’impegno e i problemi della sanità visto che nella suoi primi 80 anni ha subìto ben cinque trapianti.

Ne ha viste e passate davvero tante, insomma, Tonino Mura, veterano dei baristi nuoresi, ma questa del coronavirus – lo dice lui stesso – gli mancava, e volentieri ne avrebbe fatto a meno. «Non parlo solo per me – spiega – ma anche per tanti colleghi, baristi o titolari di piccole attività commerciali, che in queste settimane ho sentito o mi hanno chiamato. La disperazione si tocca persino al telefono: se non ci fanno riaprire, almeno per qualche ora al giorno, non moriremo di coronavirus ma di fame. E siamo tanti, eh, mica due persone: a Nuoro, tra bar e circoli, siamo circa 200 locali, e in ognuno ci lavorano almeno due persone. Il conto delle persone coinvolte e in difficoltà, insomma, è presto fatto». Parla da veterano del lavoro tra clienti, tavolini e bancone, Tonino Mura, e come sempre lo fa con il cuore e senza trattenere le parole: dritto al punto, e senza peli sulla lingua.

«Se non ci fanno riaprire – ripete, sconsolato – sarà la morte dei bar, di tanti circoli e del piccolo commercio. Sono a rischio la metà. Ma non è giusto: bisogna fare qualcosa ed evitare che i fallimenti si concretizzino. Ai politici, a chi ha il potere di decidere, dico: parliamone tutti insieme, confrontiamoci, ascoltate cos’hanno da dire i lavoratori che come me fanno questo mestiere da 66 anni, ma ascoltateci tutti, perché una soluzione si può trovare, e nel pieno rispetto delle precauzioni e delle prescrizioni». Per “soluzione”, quantomeno temporanea ma immediata allo stesso tempo, Mura pensa soprattutto a una strada.

«Sono convinto – spiega – che consentendoci di aprire anche solo per qualche ora al giorno, si potrebbero sistemare tante cose. Si potrebbero far entrare poche persone per volta, magari quattro, a seconda della grandezza dei locali, e ovviamente utilizzando i guanti e le mascherine, ma anche rispettando le distanze. Ben prima che arrivassero le restrizioni più grosse, io, ad esempio, ho igienizzato i locali del bar senza trascurare nulla. E come me hanno fatto tanti colleghi. So per esperienza diretta, visto che sono “trapiantato” cinque volte, l’importanza del rispettare le prescrizioni igienico-sanitarie, conosco i rischi. Per questo dico: fateci riaprire: nessuno di noi vuole chiudere».

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