La Nuova Sardegna

Nuoro

Mascherine fatte in casa con la didattica a distanza

di Alessandra Porcu
Mascherine fatte in casa con la didattica a distanza

Due studenti del liceo Amaldi di Macomer le hanno progettate e stampate in 3d Il coordinatore scolastico: «Un esempio virtuoso delle capacità dei nostri ragazzi»

30 aprile 2020
2 MINUTI DI LETTURA





MACOMER. Non solo didattica a distanza. La chiusura obbligata delle scuole ha contribuito a scatenare la creatività degli studenti. Lo sanno bene Giovanni Deligia e Marco Frongia. Di Borore il primo, di Mores il secondo, frequentano entrambi l'istituto Amaldi di Macomer. Da un biennio fanno parte del gruppo di 15 alunni iscritti al corso “Robotronica educativa: automazione, robotica e mecatronica per i lavori di oggi e di domani”. «Finanziato dalla Fondazione Sardegna con 28 mila euro, il progetto punta a valorizzare le eccellenze scolastiche», spiega il coordinatore Tore Ghisu. E visti i risultati conseguiti da Giovanni e Marco, l'obiettivo sembra essere stato centrato.

Durante il lockdown i due studenti hanno messo a frutto le nozioni teoriche e pratiche imparate a scuola. «Dato che avevo a casa una stampante 3d – racconta Marco Frongia – e vista la carenza di mascherine protettive, ho provato a realizzarne una. Il tentativo è riuscito, così i loro numero è salito a 10. Non sono a norma però potrei apportare delle leggere modifiche in modo che, grazie ai filtri N95 della 3M, i dispositivi possano essere utilizzati da chi ne avesse necessità». Fabbricare un oggetto simile ha un costo relativamente basso. Si aggira intorno ai 2 euro. Lunghi, invece, i tempi di realizzazione. «Servono in media 6 ore – sottolinea Giovanni Deligia – è un lavoro impegnativo. Bisogna seguire numerosi passaggi. A cominciare dalla scelta del modello. Si può decidere di scaricarlo dall'web oppure disegnarlo da zero. Io ho scelto di modificare una mascherina vista su internet. Dopo il downloadho convertito il file nel formato giusto e dato il via alla stampa».

Da tenere in debito conto è pure la scelta dei materiali. «Ce ne sono di diversi tipi – racconta Giovanni – pet, abs, nylon, ma si possono utilizzare anche le fibre di carbonio e di alluminio. Ognuno ha la sua resistenza. Per la mia creazione ho usato il pla, una plastica molto robusta».

«Sono molto orgoglioso dei ragazzi – sottolinea il dirigente Massimo De Pau – lavorando da remoto, e a loro spese, sono riusciti a fare qualcosa di lodevole. E a questo proposito vorrei ringraziare coloro che hanno tracciato il cammino: l'ingegner Pierluigi Lai referente esterno del progetto e il professor Gianluca Usai referente dell'Amaldi. Dal 2018 seguono gli studenti passo passo. Non li hanno abbandonati neppure durante la quarantena».

«Questa è la scuola che bisogna sostenere – dice De Pau –.Servono fondi, attrezzature e risorse umane. Spero che nel post pandemia, lo Stato investa maggiormente nell'istruzione. Bisogna trovare metodi di insegnamento efficaci. Ma la didattica a distanza non potrà funzionare per sempre».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Turismo

In Sardegna un tesoretto di 25 milioni dall’imposta di soggiorno: in testa c’è Olbia

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative