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Nuoro

Industria chimica addio: la svolta della rete elettrica

di Federico Sedda
Industria chimica addio: la svolta della rete elettrica

Dal grande sogno della valle del Tirso alle ultime lettere di licenziamento  Polimeri, Energia e Lorica sono le aziende che hanno chiuso un’epoca intera 

23 maggio 2020
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OTTANA. Ottana Polimeri, Ottana Energia e Lorica: questi i nomi i degli stabilimenti che hanno chiuso la storia industriale di Ottana. Ottana Polimeri ha fermato gli impianti nel 2014. Le lettere di licenziamento per i 58 lavoratori ancora in organico sono arrivate nel 2017 dopo tre anni di cassa integrazione. Poi la disoccupazione e la fine di un sogno che ha messo una pietra tombale sulle possibilità di un nuovo sviluppo. Ottana Energia, invece, ha chiuso i battenti il 31 dicembre del 2015 dopo che Terna, l’ente gestore della rete elettrica nazionale, aveva negato la proroga del regime di essenzialità che aveva consentito all’azienda di sopravvivere con gli aiuti di Stato. Le lettere di licenziamento dei 52 lavoratori sono arrivare nel 2018 dopo la trafila della cassa integrazione. Qualche anno prima, esattamente il 12 aprile del 2012, aveva fermato gli impianti la Lorica, la fabbrica, un tempo fiore all’occhiello dell’area industriale, che produceva pelle sintetica.

Per i 35 lavoratori, che per salvare la produzione avevano proposto persino di costituire una cooperativa per acquistare lo stabilimento con i soldi della liquidazione e con i contributi della Regione, si aprì il baratro della disoccupazione. Ottana Energia e Ottana Polimeri erano interconnesse, cioè legate da un doppio filo produttivo: la prima produceva energia e vapore che consentiva all’altra di tenere in marcia gli impianti, mentre Ottana Polimeri, con la produzione del pet (plastica per bottiglie) e dell’acido tereftalico (materia prima a monte del sistema produttivo), permetteva a Ottana Energia di continuare a produrre. La morte dell’una avrebbe provocato la fine dell’altra, secondo un effetto domino che avrebbe travolto tutto il sistema. E così avvenne.

Eppure, tra il 2005 e il 2010, per le due fabbriche si prospettava un futuro migliore. Ottana Energia era il cuore pulsante del polo industriale. Un cuore messo in crisi dalla lenta e progressiva fuga delle aziende del polo chimico e, soprattutto, della Montefibre che chiuse i cancelli nel 2003, lasciando per strada 450 lavoratori.

La loro lotta tenace per sopravvivere finì sulla ribalta nazionale, aprendo la strada a nuovi finanziamenti pubblici per lo sviluppo dell’industria di Ottana che portò in dote cento milioni di euro, la maggior parte dei quali, furono utilizzati per rimodernare gli impianti della produzione del pet. Montefibre, però, rimase chiusa per sempre, lasciando sul campo rifiuti speciali e macerie industriali che aspettano ancora il piano delle bonifiche. Il 2005 segnò l’avvento del gruppo di Paolo Clivati che rilevò la centrale elettrica di Ottana Energia. L’arrivo dell’imprenditore milanese avrebbe segnato una svolta. Non negli organici (ridotti all’osso), ma nella strategia industriale. Mandando avanti una nuova politica su approvvigionamenti e vendite, Clivati riuscì a inserire Ottana Energia nel mercato elettrico sardo stipulando contratti con Terna. Negli anni successivi, grazie a questa politica che portò al cosiddetto regime di essenzialità, la centrale termoelettrica di Ottana svolse un’importante funzione di modulazione, in tempo reale, della rete elettrica sarda, contribuendo così alla stabilità del sistema elettrico dell’isola. Questo sistema, che garantiva la continuità produttiva, consentì anche di tenere in vita Ottana Polimeri. Non tutto, però, filò liscio.

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