La Nuova Sardegna

Nuoro

A Desulo rinascono le antiche vigne

di Giovanni Melis
A Desulo rinascono le antiche vigne

Grazie ai fondi Laore i giovani agricoltori sono impegnati nel loro recupero

26 maggio 2020
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DESULO. «Caru Peppeddu sa binza abbandonada, ti l'at lassada padrinu tou, e tue pro su sentidu sou, sa domo la cheres rinnovada, e pare chi s'intenda cantada, improvvisende su muttu nou, tando Peppe su tottu e decisu, Corgiolu es cuntentu in Paradisu». È un'ottava con cui il poeta Ilio Deidda ha ricordato Barore Littarru “Corgiolu” e la sua mitica vigna lungo la provinciale Desulo Fonni. Erano un centinaio i vigneti abbarbicati sui pendii della provinciale numero 7. Producevano un vino asprigno, di bassa gradazione alcolica ma piacevole al gusto. Ben diverso quello delle Iscras di Belvì, dove i rossi e moscati, complice anche la posizione più collinare, maturavano meglio. I bignargios desulesi avevano strappato alla montagna autentici terrazzamenti, fino a superare i settecento metri di quota. Da s'Istacione a Lapae, passando per Bau Isposa, Trementi, fino a Cartaù, arrivando ai quasi ottocento metri di Pira e Pane. Ogni famiglia aveva il suo vigneto: dai Casula ai Littarru, ai Carboni, ai Peddio, ai Frau, Garau, ai Floris, passando per i Liori, i Carta, Fadda e Maccioni.

Ogni terreno aveva il nomignolo dei proprietari, ogni zolla era una storia di fatica, di lavoro duro per produrre quel “vino da compagnia” che non mancava mai nelle tavole, regalando «oras serenas» come scriveva Antioco Casula Montanaru. Attualmente resistono solo una ventina di vigneti, alcuni dei quali sono stati ripristinati grazie a bandi dell'agenzia Laore. I fratelli Giovanni, Sergio ed Aldo Peddio hanno uno dei migliori vigneti, ben tenuto e curato come ai tempi di Peppinu e Maurissa, i compianti genitori che avevano trasformato uno scosceso pendio in un giardino, i cui bianchi e rossi non temevano confronti. E anche Giuseppe Loddo, 38 anni, titolare di un minimarket e noto assicuratore, cerca di recuperare la vecchia vigna, nel nome del padrino Barore “Corgiolu”. Un grande impegno: il ripristino della casupola, dissodamento del terreno, reucupero della vite storia, reimpianti di quella nuova e altre attività colturali, che non lo spaventano.

«C'è molto lavoro da fare – afferma Loddo – ma c'è un debito morale da onorare e ci proverò. Attendo il sopralluogo da parte dei tecnici, poi avvieremo le procedure». Ma in tanti in paese, sognano di riprendere la vecchia attività di famiglia. Le prospettive per il settore ci potrebbero essere. «Attualmente ci sono pochi vigneti attivi in paese– spiega Ciriaco Loddo, tecnico di Laore – ma che potrebbero diventare una risorsa rinnovabile. Abbiamo giovani agricoltori che hanno già esperienza e potrebbero dedicarsi alla loro cura».

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