La Nuova Sardegna

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Poeti sardi estemporanei pronti a tornare sul palco

di Mauro Piredda
Poeti sardi estemporanei pronti a tornare sul palco

Bruno Agus: «Non sarà certo il coronavirus a cancellare questa antica tradizione»

30 maggio 2020
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IRGOLI. Alcune feste religiose primaverili sono già saltate in diversi paesi della Sardegna. In estate la musica sarà pressoché la stessa e non si sa ancora bene cosa ci attende in autunno, periodo di una possibile seconda ondata della pandemia. Con l’annullamento delle feste salta anche il tradizionale appuntamento della gara poetica tra improvvisatori, sintesi di spettacolo, tradizione e omaggio (specialmente con il sonetto finale) ai diversi santi (patroni o meno) festeggiati nelle rispettive località. La preoccupazione tra interpreti e appassionati è viva.

«La gara poetica – spiega Bruno Agus, baroniese di adozione (vive a Irgoli ma è di Gairo) e uno dei maggiori poeti a bolu – ha subito anni di stop nel passato (il riferimento è all’epoca del fascismo, ndc), ma ciò non l’ha cancellata dal panorama delle tradizioni sarde. E non sarà nemmeno il coronavirus a riuscirci. È però anche vero che non possiamo fare molti paragoni tra queste due epoche. Allora la gara era più sentita, e pure la lingua sarda era più diffusa». Un anno di stop, oggi, con le sfide in versi ormai fruite da un pubblico anziano, che effetti avrebbe? «Non è detto che ciò possa avere ripercussioni negative, è possibile che la poesia ritorni ad essere vissuta con più attenzione». Ma non è mero ottimismo, quello di Agus. Perché i problemi di fondo permangono: «Sono pochissimi i paesi dove vige la trasmissione del sardo alle giovani generazioni, condizione essenziale per capire la gara, e le stesse sono attratte da fenomeni culturali meno impegnativi e messi in calendario come gli appuntamenti centrali delle feste». Che fare? «Occorre investire innanzitutto sul sardo a scuola per evitare che si arrivi a un monolinguismo italiano nel giro di pochi anni, e poi occorre introdurre la poesia sarda nella programmazione didattica. La nostra letteratura pare non esistere». Agus propone anche l’appuntamento con la gara vera e propria, negli istituti scolastici. «Laddove la si fa, penso a Tortolì ma non solo, i ragazzi sono attenti e partecipano in massa al convegno prima e alla gara dopo. Di questo modo entrano in contatto con le dinamiche della sfida poetica, apprezzandola e divulgandola». La sfida è duplice: «C’è infatti un altro obiettivo – chiude Agus –. I ragazzi, crescendo, faranno poi parte dei comitati e daranno giusto peso alle nostre tradizioni. Spesso i ragazzi delle leve e dei comitati mettono la gara solo per accontentare gli anziani, non perché ci credono. Occorre più consapevolezza. Ed è quella che ci vorrà quando potremo tornare a cantare».

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