La Nuova Sardegna

Nuoro

Fanghi, ricorso al Tar del consorzio Malvasia

di Giulia Serra
Fanghi, ricorso al Tar del consorzio Malvasia

L’impianto di trattamento di Magomadas ancora al centro delle polemiche Dopo la diffida del sindaco Cau ora anche i produttori di vino contro la Provincia

02 giugno 2020
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MAGOMADAS. Il Consorzio per la tutela della Malvasia Doc di Bosa ha presentato ricorso al Tar per chiedere l'annullamento dell'atto col quale la Provincia di Oristano stabiliva la correttezza dell'autorizzazione già accordata alla Geco per le sue attività di trattamento fanghi, così come di ogni altro atto connesso, compresa la stessa autorizzazione dell'ottobre 2018. Sul caso dei fanghi pugliesi, che giungono nel cuore dell'incontaminata Planargia per essere accolti nell'impianto insediato a poche centinaia di metri dalle abitazioni del Comune di Magomadas, il quadro complessivo si fa articolato. Se già il Comune guidato da Emanuele Cauli ha deciso di spezzare gli indugi e tutelarsi nelle sedi opportune, presentando una formale diffida al dirigente del settore ambiente della Provincia affinché si proceda all'annullamento dei provvedimenti autorizzativi, in campo scende anche chi del territorio e della sua tutela e conservazione ne fa un elemento essenziale ed imprescindibile per la natura e l'immagine del suo prodotto d'eccellenza, la Malvasia. In ballo c'è il riconoscimento Unesco ed il timore è che la presenza in loco di un'attività di trattamento rifiuti, quali sono i fanghi da depurazione in ingresso, possa avere ripercussioni su una procedura che è una vera e propria occasione storica.

Questione seria dunque, che porta il Consorzio ad agire: «Rispettiamo il lavoro di tutti e non giochiamo una partita per determinare i vinti e i vincitori – precisa il presidente del Consorzio della Malvasia Giovanni Porcu – riteniamo però che debbano essere gli enti preposti ad esprimersi nel merito. Vogliamo chiarezza. Se il Tar non basterà, ci rivolgeremo al Consiglio di Stato». Insomma, nessuna guerra tra le parti, solo la necessità di chiarire i termini esatti di un caso che cristallizza le preoccupazioni di chi è cosciente del valore del bene ambientale. Non a caso nel ricorso al Tar presentato dal Consorzio si insiste sulle ripercussioni dirette dell'attività di trattamento fanghi, mettendo in evidenza la condizione di un produttore storico di Malvasia, ritrovatosi a fare i conti con «notevoli quantitativi di fanghi» interrati nell'area adiacente alla sua proprietà: «la gravità delle conseguenze derivanti dall’avvio delle attività comportava l’impossibilità di effettuare la vendemmia 2019 – si legge nel documento – Le mosche invadevano letteralmente i vigneti, rendendo le uve non lavorabili. Del resto, la presenza di insopportabili odori (descritti come nauseabondi, acri e pungenti) non consentiva nemmeno la materiale attività agricola nel rispetto delle minime garanzie di sicurezza dei luoghi di lavoro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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