La Nuova Sardegna

Nuoro

«Chiusura immotivata» la Geco va al contrattacco

di Enrico Carta
«Chiusura immotivata» la Geco va al contrattacco

Magomadas, riesame immediato dopo il sequestro dell’impianto  La guerra dei fanghi si sposta in tribunale. L’azienda: «Agito secondo legge»

16 luglio 2020
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MAGOMADAS. La partita, quella vera, comincia adesso. Sinora c’era stato solo un lungo possesso palla da parte della procura, ma da questo momento in poi la sfida si gioca a viso aperto. Passano appena 24 ore dal momento in cui è finito sotto sequestro l’impianto per il trattamento dei fanghi di depurazione della Geco e ora la stessa ditta propone riesame. Contemporaneamente chiede alla procura di mitigare il provvedimento che ha finito per bloccare qualsiasi tipo di lavoro nell’intera azienda, nonostante quella che si occupi dei fanghi sia solo una parte dell’attività. Da martedì, giorno del blitz della Forestale, sono chiusi anche gli uffici che ospitano l’attività amministrativa e gli impianti che invece si occupano del trattamento dei materiali inerti, residuo delle lavorazioni edilizie.

Questa è la puntata precedente. Ieri mattina, in tribunale a Oristano, c’è stata il secondo tempo con un lungo faccia a faccia tra il pubblico ministero Marco De Crescenzo e l’avvocato Danilo Mattana che tutela l’azienda e il suo legale rappresentante, quel Leonardo Galleri che al momento è anche l’unico indagato. Gli si contestano i reati ambientali che hanno portato allo stop dell’attività dell’azienda. In poco meno di venti pagine, la giudice per le indagini preliminari Annie Cecile Pinello ha motivato la decisione di mettere sotto sequestro l’impianto, sostenendo che il materiale trattato dalla Geco non soddisfi i requisiti tecnici per essere considerato ammendante bensì sia un rifiuto con elementi non previsti dalla legge e dall’autorizzazione dei tecnici provinciali. Il resto delle accuse è invece incentrato sull’odore che dall’impianto si diffonde nella zona circostante investendo i paesi di Magomadas, Tinnura, Tresnuraghes e Flussio.

L’ordinanza si sofferma poi sull’impossibilità di tracciare la provenienza dei fanghi; sulla permanenza nelle vasche di trattamento; sul fatto che una parte dei fanghi sarebbe stata sversata e interrata in alcuni terreni senza autorizzazione e senza che il prodotto fosse precedentemente classificato. Ci sono poi le testimonianze raccolte e ritenute attendibili: sono quelle degli oppositori dell’impianto. Su tutti questi aspetti però la ditta ritiene di avere più di qualcosa da dire e soprattutto da portare al tavolo dei giudici del riesame che avranno sotto gli occhi il caso nei prossimi giorni. Nell’ordinanza non ci sono numeri figli di analisi di tipo scientifico e proprio questo potrebbe essere l’asso da gettare nella partita che ha tutta l’aria di essere appena all’inizio.

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