La Nuova Sardegna

Nuoro

Rapina al chiosco due condanne

di Valeria Gianoglio
Rapina al chiosco due condanne

Si chiude il processo per l’aggressione alla Solitudine Per l’accusa il movente era la risposta a un furto di bestiame 

16 luglio 2020
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NUORO. Dopo alcune ore di camera di consiglio, ieri sera, il tribunale collegiale ha condannato Giovanni Bussa e Giuseppe Bussa, padre e figlio, rispettivamente a 3 anni e a 4 anni e un mese. Così come per il pm e per la parte civile rappresentata dall’avvocato Lorenzo Soro, anche per i giudici non ci sono dubbi. Il giorno della festa del Redentore di tre anni fa – era il 26 agosto del 2017 – nel chiosco-bar della Solitudine, erano stati loro ad aggredire un altro avventore, Giuseppe Chessa, a sottrargli le chiavi di un Mitsubishi Pajero e a portargli via l’auto. «Quel giorno i due amici (Chessa con un suo conoscente, ndr) si erano fermati al bar della Solitudine e poco dopo erano entrati i due imputati seguiti da otto persone – aveva spiegato, nel corso della sua requisitoria, il pm Riccardo Belfiori, che aveva chiesto una condanna a cinque anni e un mese – Si erano avvicinati a Chessa e dopo averlo accerchiato, lo avevano picchiato selvaggiamente». Alla base dell’aggressione, secondo l’accusa, c’era stato un furto di bestiame subito dai Bussa: otto di quelle pecore erano state trovate nelle campagne di Chessa. Ma allora perché, ha rilevato l’avvocato Angelo Magliocchetti, «avrebbero dovuto impossessarsi dell’auto di un soggetto terzo rispetto alle vicende di furto che avevano interessato il solo Chessa Giuseppe e i Bussa? A quale fine? Quale sarebbe l’ingiusto profitto che avrebbero raggiunto, o avrebbero potuto raggiungere, gli imputati con l’asserita sottrazione della vettura a un soggetto estraneo?». L’avvocato Magliocchetti, ha dedicato una parte consistente della sua discussione alla figura della parte offesa affermando in sostanza che avrebbe fornito una ricostruzione non veritiera. «Chessa – ha spiegato il legale – mente su tutto, persino sulla proprietà della macchina». «Nessuno dei testimoni chiamati a processo ha visto Bussa picchiare Chessa, e manca anche un solo teste che abbia visto la sottrazione delle chiavi e del veicolo. Le indagini si sono basate esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, che tuttavia sin dall’inizio si era rivelata inattendibile. Alla volante dichiara di essere caduto a terra, di aver preso colpi e di essere rimasto sotto shock. Ma se era così come avrebbe fatto a vedere Bussa salire sul fuoristrada che peraltro era parcheggiato a distanza», ha spiegato nell’arringa, l’avvocato Concetta Sirca.

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