La Nuova Sardegna

Nuoro

Trincee per sotterrare i fanghi

di Enrico Carta e Giulia Serra
Trincee per sotterrare i fanghi

Magomadas: secondo il provvedimento di sequestro, la Geco ne avrebbe sversato 7.013 tonnellate

17 luglio 2020
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MAGOMADAS. Dai depuratori pugliesi ai camion, dai camion ai campi della Planargia. I terreni vicini allo stabilimento della Geco erano diventati quelli in cui riversare, o meglio interrare, i fanghi dei depuratori pugliesi mischiati ai residui del lavoro di frantumazione e recupero di inerti che la ditta svolge a Magomadas dal 2003, anno in cui iniziò la propria attività. I fanghi arrivavano in gran quantità dalla penisola e il loro destino era quello di finire dentro a delle grosse trincee scavate apposta per accogliere le tonnellate di quello che la procura e la giudice per le indagini preliminari definiscono un rifiuto, mentre la Geco ritiene sia ammendante ovvero fertilizzante che tanto bene può fare ai campi.

Le tonnellate sotterrate. Giorno dopo giorno, la quantità di materiale da “smaltire” era sempre maggiore, tanto che è stato calcolato che sottoterra siano finite 7.013 tonnellate di fanghi mischiati a cemento e laterizi. Lo sostiene la procura, forte delle indagini affidate al Corpo forestale, ma non è tanto la quantità ad aver generato le accuse mosse per ora a Leonardo Galleri, legale rappresentante della ditta e unico indagato, bensì una serie di inadempienze che la Geco avrebbe commesso o di azioni che avrebbe messo in pratica pur in assenza di autorizzazioni o addirittura di fronte a diffide arrivate già da diversi mesi, con cui la Provincia chiedeva che si ponesse fine allo sversamento dei fanghi nei terreni.

Il dissequestro. La novità di ieri è però che parte dello stabilimento è stato dissequestrato su concessione del pubblico ministero Marco De Crescenzo che coordina l’indagine. Il magistrato è andato incontro alle richieste fatte dall’avvocato Danilo Mattana per conto della Geco con le quali si auspicava che almeno la parte di attività riguardante il trattamento degli inerti e gli uffici per la contabilità e le pratiche amministrative venissero riaperti. È la cosiddetta Linea 1, che però non è quella interessata dall’inchiesta che invece si concentra interamente sulla Linea 2, entrata in funzione nel luglio 2019 e fattore scatenante della protesta e degli odori che non hanno mai smesso di tormentare giorni e notti degli abitanti di Magomadas, Tresnuraghes, Tinnura e Flussio.

Le autorizzazioni mancanti. La disputa giudiziaria verte quasi per intero su questi aspetti. Come chiarito nell’ordinanza della giudice Annie Cecile Pinello, già a al termine del sopralluogo del 19 ottobre dell’anno scorso si intuiva che c’era qualcosa che non andava. Vi partecipano Forestale, Arpas e Provincia ed è allora che ci sono «le prime ipotesi di reato», dice l’ordinanza che subito dopo si sofferma sulle presunte irregolarità commesse nella tenuta dei registri per la tracciabilità dei fanghi.

Il mistero della provenienza. Nei registri della Geco, sostiene la giudice, mancano luoghi e date. Sono quelli che dovrebbero certificare da dove e quando partono i carichi coi fanghi dei depuratori pugliesi, in un momento in cui i carabinieri del Noe di Lecce stanno indagando e mettendo sotto sequestro impianti e materiali a Martina Franca e Francavilla Fontana. Proprio mentre è in corso l’ispezione, arriva a destinazione un camion. Al trasportatore che lo guida viene chiesto di esibire la documentazione, ma anziché quella completa presenta una fotocopia con allegata una denuncia di smarrimento presentata il giorno prima ai carabinieri in Sardegna.

Dubbi che si aggiungono ad altri dubbi, ma anche a certezze come quelle trincee fotografate dalla Forestale in tre terreni in cui, giorno dopo giorno, veniva sotterrata una mistura di fanghi, laterizi e bitume.

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