La Nuova Sardegna

Nuoro

Stanze e culurgiones: 48 anni in hotel

di Valeria Gianoglio
Stanze e culurgiones: 48 anni in hotel

Mirella Spissu taglia il traguardo al “Grillo”: «Una straordinaria avventura»

16 ottobre 2020
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NUORO. Quarantotto anni fa esatti, il giorno dell’inaugurazione dell’hotel – il terzo in città dopo l’allora Motel Agip e il Jolly – via Monsignor Cogoni era poco più che uno sterrato, e la città finiva appena pochi metri più in là, ai piedi del colle di Sant’Onofrio. Mirella Spissu, in quel momento, era una giovane imprenditrice di 35 anni, aveva un marito, Antonello Stochino, ogliastrino di Arzana, con il quale aveva già condiviso un bel tratto di vita e di lavoro tra Nuoro e Sassari, ma non vedeva l’ora di varcare l’ingresso del piccolo grande sogno della sua vita professionale: un vero albergo, l’hotel Grillo, messo su in un terreno incolto «comprato da Giovanni “Faragone”, dopo tante esperienze come titolare di strutture più piccole, e ancora prima come cameriera di sala e cuoca. «Il 15 ottobre del ’72, il giorno che abbiamo inaugurato l’hotel Grillo, dal soprannome di mio marito, è stato un sogno – racconta – un sogno che si realizzava dopo tanti sacrifici. E oggi siamo ancora qui, in questa avventura di famiglia, con i miei figli. Ci sono voluti tanti sacrifici e impegno, ma siamo ancora qui, a tagliare il traguardo dei 48 anni. Voglio ricordare questi, e non i 50, perché chi lo sa il domani cosa ci riserva».

È stata una vera pioniera del settore ricettivo, Mirella Spissu, in tempi nei quali, lo ricorda con sincerità, «nel mio paese, a Noragugume, per le ragazze non c’era molto da fare, se non sposarsi o raccogliere bietole». Ma Mirella Spissu, già da giovanissima, non era tipa che amava seguire strade già segnate. Niente da fare, nonostante i desideri di papà Spissu, a 20 anni aveva fatto la valigia direzione Nuoro. E da lì per lei cominciano anni di lavoro che per diversi anni la portano anche a Sassari, dove fa la cameriera. Ma l’amore glielo porta il mitico ristorante nuorese “Da Giovanni si mangia”. «L’ho conosciuto lì, mio marito, faceva lo chef, io lavoravo lì, e ci siamo innamorati». E già da allora, a unirli, oltre a un sentimento autentico e tenace, che ha sfidato il tempo c’è stato anche l’amore per i sapori autentici e la buona cucina della tradizione sarda. E i culurgiones. «Ancora oggi mamma li prepara due volte alla settimana ed è lei che cucina con mio fratello» racconta la figlia, Antonella, che dopo la laurea in Farmacia, alla morte del papà ha preso in mano l’attività di famiglia insieme agli altri due fratelli, Francesco e Gigi. «Siamo sempre stati un’attività di famiglia – spiega, con un pizzico di sano orgoglio, Mirella Spissu – e forse è proprio per questo che siamo ancora qui, dopo tanti anni, e nonostante questo periodo difficile del Covid. È stata davvero una bella avventura e rifarei tutto, davvero».



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