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Nuoro, farmacie ancora senza i vaccini contro l’influenza

Nuoro, farmacie ancora senza i vaccini contro l’influenza

Parla Maura Chessa della “Calvisi”: ignorata ogni richiesta. «Il nostro ruolo è mutato ma non c’è tutela: mai il tampone»

07 novembre 2020
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NUORO. Farmacie ancora senza vaccini antinfluenzali, nonostante la fortissima richiesta legata alla pandemia (come è noto ora questo tipo di vaccino è particolarmente consigliato anche ai soggetti non a rischio, se non altro perché riduce al minimo il rischio di confondere l’influenza con l’infezione da Coronavirus, che ha sintomi, soprattutto nelle fasi iniziali, molto simili). «Non sono arrivati», dice Maura Chessa, titolare della farmacia Calvisi in via Milano, tra le più attive in città nell’assistenza diretta (a cominciare dall’orario continuato: è aperta tutti i giorni dalle 8 alle 21, festivi inclusi) sia con i servizi online. «Abbiamo più volte chiesto notizie – continua Chessa – al nostro ordine professionale o a Federfarma e ai depositi, ma l’arrivo è sempre procrastinato, agli annunci sinora è sempre seguito un nulla di fatto». Ci sono molte richieste o prenotazioni, ed eventualmente alternative? «Le richieste sono tante. Per quanto ci riguarda – dice ancora Maura Chessa – non prendiamo prenotazioni per rispetto verso i pazienti: non sappiamo se e quando potremo soddisfarle. Per questo motivo abbiamo promosso una campagna sugli immunostimolanti (integratori, ndr) per evitare i classici malanni di stagione».

Da notare come la mancanza di vaccini riguarda gli stessi farmacisti, pur essendo operatori sanitari esposti in prima linea in questo difficile momento. «Ma è questo è solo un aspetto delle mancate tutele che la nostra categoria ha subìto durante la pandemia – dice ancora Maura Chessa –. Il nostro ruolo con il Covid è cambiato notevolmente, siamo diventati una sorta di centro di ascolto di persone, soprattutto anziane, che ci chiedono consigli, soluzioni, segnalano problemi. Noi lo facciamo di buon grado, anche per tutelare la figura del medico di base che per ovvie ragioni non riceve più i pazienti come prima per evitare pericolosi assembramenti nel proprio studio, per esempio per il ritiro di prescrizioni che riguardano patologie croniche». Le ricette via email non hanno migliorato la situazione? «Molte persone non hanno familiarità con le nuove tecnologie, per cui vengono in farmacia e ci porgono il loro smartphone. Parliamo di una fonte di possibile contagio molto alta: noi lo disinfettiamo ovviamente, ma il servizio come minimo è rallentato».

Ma al tempo del Covid, con gli ospedali fortemente a rischio, le farmacie hanno svolto un ruolo importante anche sul fronte degli esami di prima istanza: colesterolo, rischio cardiovascolare, glicemia, Psa solo per citarne alcuni. In molti casi l’esito si può avere in pochi minuti. «Facciamo persino l’elettrocardiogramma – dice la farmacista Chessa – per non parlare dell’holter (esame che verifica la corretta funzionalità del cuore, ndr). Insomma, con il Covid il nostro ruolo è cresciuto, però non siamo stati tutelati, nel senso che a oggi nessuno ci ha messo nelle condizioni di effettuare, per esempio, almeno una volta ogni due settimane un tampone. L’Ats non ci ha fornito neppure i vaccini antinfluenzali, al contrario del personale ospedaliero». Sui test come vi siete regolati? «Abbiamo fatto i sierologici e siamo riusciti a procurarci i tamponi faringei genetici, quelli usciti da poco. Ma questo non è sufficiente, ribadisco la nostra categoria non è stata tutelata».

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