La Nuova Sardegna

Nuoro

l’iniziativa 

Il mondo degli insetti nel vocabolario “nugoresu”

di Gianluca Corsi

Dal “culi-luche” a “su cabaddu de su diàulu” in uno studio etimologico di Antonio Mele 

17 novembre 2020
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NUORO. C’è un microcosmo che, da sempre, spaventa e affascina al tempo stesso. E che induce un senso di profonda ammirazione per come riesce a far fronte alle mille insidie del vivere su questa terra. È il misterioso mondo degli insetti. E la lingua sarda, con la sua dirompente forza icastica, la capacità di servirsi, come pochi altri idiomi, delle immagini, non poteva restare immune da questo fascino. E se culi-luche (lucciola) e carra-merda (scarabeo stercorario), pur lasciando poco spazio alla fantasia raccontano di una lingua meravigliosa che sembra nata da un gioco di bambini o da un geniale fumettista, ci pensano termini come “su cabaddu de su diàulu” (mantide religiosa) a stuzzicare la curiosità del lettore per chissà quali leggende perdute nella notte dei tempi. Ancora una volta Antonio Mele, da tutti conosciuto come “Professor Mele”, stimato per la sua vastissima e generosa cultura umanistica, ci regala una perla rara: “Curiosità del vocabolario sardo: termini attinenti agli insetti con relativa proposta etimologica. Considerazioni generali”. Stampato dalla tipografia La Nuorese, anche quest’ultimo libro si avvale dell’impaginazione e della copertina di Graziano Pintori. Come i precedenti lavori, all’aspetto prettamente linguistico si affianca un’illuminante e vivace incursione nel dibattito contemporaneo sulla lingua sarda. Basterebbe il capitolo “L’Isola delle 50 lingue”, ispirato al linguista tedesco Harald Weinrich e alle sue considerazioni sulla lingua sarda in una prospettiva europea, per intuire quale sia la posizione di Mele. Ma già nella breve presentazione del libro, dedicato al giornalista Gianni Pititu e con un ricordo affettuoso del compianto Massimo Pittau, professor Mele, operosa e instancabile formica del sapere e della cultura, non risparmia critiche alle cicale improvvisate. «Il destino del futuro della nostra lingua non deve dipendere né dai politici di turno, né dai tecnocrati, né dai teoreti subdoli e petulanti». Insomma: meglio «evitare l’ingerenza di tutti coloro che sono avvezzi, per i più svariati motivi, a considerare le problematiche relative alla lingua sarda con le lenti deformanti dell’ideologia “commodi sui gratia”».



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