La Nuova Sardegna

Nuoro

Una mano tesa al Rifugio di Pepa

di Kety Sanna
Una mano tesa al Rifugio di Pepa

L’oasi per animali disabili ha bisogno della solidarietà di tutti. I proprietari: «Il Covid ci ha penalizzati»

24 gennaio 2021
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NUORO. È un rapporto intimo e privato che non tutti riescono a capire. Non in questo modo, almeno. Perché affrontare la disabilità animale non è semplice e neppure scontato. Perciò chiamare missione l’attività che ogni giorno Consuelo Concas e il marito Franco Deidda portano avanti nella loro casa di campagna, a pochi chilometri da Orgosolo, non è un’esagerazione. Nel loro “Rifugio di Pepa” oggi ospitano quasi duecento animali in difficoltà che erano destinati a morte certa. Cani, gatti, pecore, galline, oche, conigli convivono in quest’oasi grazie alle cure dei loro “genitori” adottivi che ne hanno fatto la loro ragione di vita. Consuelo e il marito non hanno figli ma, in realtà, è come che li abbiano.

«Sono animali speciali – racconta la giovane – perché riescono a trasmettere l’amore per la vita al di là dei luoghi comuni, dimostrando gratitudine per le attenzioni che ricevono. Noi siamo riusciti a realizzare un nostro sogno anche se ora più che mai, ci rendiamo conto delle difficoltà che dobbiamo affrontare. I nostri animali – aggiunge la ragazza – hanno bisogno di tante cure proprio per via della loro condizione. Le visite del veterinario sono frequentissime e oltre ai medicinali, necessitano di cibo, detersivi, coperte, traverse. La pandemia non ci ha certo aiutati. Io e mio marito da qualche tempo abbiamo smesso di lavorare nel ristorante che ha dovuto chiudere, perciò ci dedichiamo completamente al nostro rifugio, anche se non è sempre facile».

Una grande famiglia che continua a crescere e che ha bisogno di aiuto. «Da poco – prosegue Consuelo – sono arrivati due nuovi gattini paralizzati: uno da Sestu e un altro dalla Sicilia. Ne abbiamo con l’Hiv felina e alcuni con la leucemia. Qui tendiamo ad accogliere tutti ma ci rendiamo conto degli ostacoli che dobbiamo affrontare. Viviamo giorno per giorno – aggiunge la giovane che non si scoraggia e con la voce trasmette serenità e gioia –. Il lockdown ci ha permesso di trascorrere più tempo con i nostri animali e un sorriso in più ce l’hanno strappato. Certo – sottolinea – la nostra non è sempre un’oasi felice: spesso arrivano cuccioli che per via delle esperienze passate, hanno difficoltà a socializzare, e prendere confidenza con loro non è subito automatico». Come la storia di Tata, un cagna di 50 kg che viveva da randagia e doveva essere presa e sterilizzata. Marito e moglie si erano offerti di stallarla per poi rimetterla nel territorio. Era stata sparata e senza l’intervento del veterinario sarebbe morta. «Questo cane è stata la nostra rivincita, il simbolo della nostra battaglia – aggiunge la donna –. Prima non si faceva avvicinare, oggi ci dimostra la sua fiducia facendosi accarezzare. Così abbiamo deciso di tenerla». Consuelo e Franco hanno deciso di fare del “Rifugio di Pepa” un progetto di vita. In questo momento confidano nella solidarietà delle persone: hanno bisogno di piccoli gesti per continuare a portare avanti il loro sogno in nome di questo esercito di amici speciali che, finalmente, si sentono a casa.

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