La Nuova Sardegna

Nuoro

«Garza nell’addome, 3 condanne»

di Kety Sanna
«Garza nell’addome, 3 condanne»

Paziente morì dopo un intervento: l’accusa chiede sei mesi per chirurgo, strumentista e infermiera

11 giugno 2021
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NUORO. «Dalle risultanze probatorie ritengo provate, oltre ogni ragionevole dubbio, le condotte omissive colpose dei medici del San Francesco, e la penale responsabilità in cooperazione tra loro». Il pubblico ministero Alberto Pinna ha chiesto la condanna a 6 mesi per tutti imputati, accusati di omicidio colposo per la morte della paziente Maria Antonietta Seddone. Il chirurgo Antonio Domenico Fais, la strumentista Anna Ladu e l’infermiera Mariuccia Columbu (difesi dagli avvocati Perietro e Mario silvestro Pittalis, Angelo magliocchetti e Gianluigi Mastio) erano presenti in aula. Prima della chiusura dell’istruttoria dibattimentale, l’infermiera Columbu si è sottoposta all’esame, e rispondendo alle domande del difensore ha spiegato al giudice Ferrando cosa succede nel blocco operatorio prima di ogni intervento, entrando poi nello specifico del caso della pensionata, deceduta, secondo l’accusa, in seguito alle complicazioni derivate dalla presenza nell’addome di una garza dimenticata nel corso di un intervento chirurgico. «Non penso che la morte sia conseguente alla presenza della garza – ha detto Columbu – e sono certa di aver eseguito correttamente il mio ruolo. Prima di ogni operazione la ferrista fa la conta degli oggetti da utilizzare in sala, e ne comunica il numero. Durante l’intervento – ha aggiunto – le cose che vengono usate vengono poi riposte in un contenitore, e alla fine dell’operazione si fa un’ulteriore conta su ciò che è stato eliminato e ciò che, invece, è rimasto inutilizzato. Nello specifico – ha proseguito l’infermiera – la signora Seddone era arrivata dal pronto soccorso, con escoriazioni e ferite importanti, e l’avevamo accolta subito in sala. Mentre all’interno del blocco operatorio si faceva la conta del materiale, un’infermiera fuori campo, in quel caso io, davo assistenza diretta alla paziente. Anche se all’epoca non c’erano delle linee guida precise, noi annotavamo sempre su una scheda il materiale usato in sala». Con l’esame dell’imputata si è chiusa l’istruttoria dibattimentale e il giudice ha dichiarato aperta la discussione. Il pm ha cercato di inquadrare il ruolo avuto dagli imputati il 14 maggio 2015, giorno in cui avvenne il primo intervento. «In questo processo – ha detto l’accusa – possiamo partire da dati certi: il primo è rappresentato dalla mancata osservazione delle prescrizioni; il secondo è che la garza è stata dimenticata; il terzo è che non è stato fatto conteggio delle garze, vista la mancanza nella cartella clinica del documento che ne attestava il numero. Una garza – ha sottolineato Pinna – è stata dimenticata, non è stato fatto il conteggio ed è stata asportata nella seconda operazione. Altro fatto incontrovertibile è che dal 15 maggio al 19 giugno, giorno in cui la paziente viene trasferita a Cagliari, c’è una carenza relativamente all’accertamento radiologico dell’evolversi della fase post operatoria. Durante il dibattimento abbiamo assistito al confronto tra il consulente della Procura e quello della difesa, che si sono trovati d’accorso solo sulla causa mortis: la donna era deceduta per uno shock settico. Ma se da una parte Francesco Serra ha ritenuto che il corpo estraneo (la garza), abbia avuto un ruolo di concausa visto che la signora aveva predisposizione di base a processi infettivi: era diabetica e le era stata asportata la milza, dall’altra Vindice Mingioni, ha considerato la garza un effetto occasionale, estraneo al processo infettivo che si era sviluppato in un secondo momento, e ha ritenuto la causa della morte riconducibile ai traumi dell’incidente». Arringhe il 26 ottobre.

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