Macomer apre la serra donata dal Rotary club
di Alessandra Porcu
Dopo quattro mesi di lavoro la struttura di via Lussu è entrata a pieno regime La gestiscono i ragazzi di Progetto H attraverso un progetto di orto sociale
04 agosto 2021
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MACOMER. Ci sono voluti quattro lunghi mesi di lavoro per predisporre la serra e renderla operativa. Da qualche giorno la struttura di via Emilio Lussu che il Rotary club di Macomer ha donato, in comodato d’uso gratuito, alla cooperativa sociale Progetto H è entrata a regime. «I ragazzi si sono impegnati molto nelle ultime settimane. Adesso siamo nella fase più delicata e, allo stesso tempo, più stimolante del programma – spiega il responsabile, Daniele Pala – Dopo le piante aromatiche, abbiamo cominciato a seminare alcuni tipi di verdure».
E così, ai filari di rosmarino, salvia, timo, maggiorana, origano e menta si aggiungeranno man mano peperoni, peperoncini piccanti e zucchine. Col cambio di stagione sarà la volta delle fragole, dei pomodori, dell’insalata e via dicendo. Inizialmente i prodotti verranno impiegati solo nella mensa dell’attiguo ristorante Hub, «In seguito – sottolinea Maria Murgia – speriamo di poter vendere i frutti della nostra terra al mercato esterno. L’obiettivo è quello di innescare un circolo virtuoso garantendo la stabilità lavorativa giovanile. Tutto possibile – spiega la referente del progetto – grazie a “Propilei: Fiori nascosti” e ai 40 mila euro stanziati dalla Regione per l’inserimento occupazionale». Al momento sono tre i ragazzi impegnati nella cura dell’orto sociale. Il percorso avviato a luglio 2021, slittato di un anno causa pandemia, è interamente dedicato alle categorie svantaggiate. La serra idroponica si estende su un’area di 600 mq ed è dotata di tecnologie di ultima generazione.
«Le piante – specifica Daniele Pala – sono fuori terra e vengono innaffiate 15 volte al giorno con 6 o al massimo 8 litri d’acqua. La particolarità del sistema a goccia è data dal fatto che l’operazione viene eseguita attraverso un apposito macchinario di irrigazione. Le dosi e il tempo si calcolano in base a un software. Inoltre, ogni coltura deve avere il proprio concime». Insomma, la tecnologia è un elemento fondamentale per assicurare il benessere delle piante e garantire loro un ambiente sano e ideale. Non si può, però, prescindere dal fattore umano. Quello empatico, viscerale, che da sempre lega l’uomo alla terra. Alla natura e ai suoi esseri viventi. “I ragazzi sono entusiasti. Si sentono parte integrante del progetto. Possono vedere con i loro occhi e toccare con mano il risultato del loro lavoro. Confidiamo che questo”, conclude Maria Murgia, “non sia altro che l’inizio di un lungo e prosperoso cammino da fare insieme. Magari con un numero sempre maggiore di persone”.
E così, ai filari di rosmarino, salvia, timo, maggiorana, origano e menta si aggiungeranno man mano peperoni, peperoncini piccanti e zucchine. Col cambio di stagione sarà la volta delle fragole, dei pomodori, dell’insalata e via dicendo. Inizialmente i prodotti verranno impiegati solo nella mensa dell’attiguo ristorante Hub, «In seguito – sottolinea Maria Murgia – speriamo di poter vendere i frutti della nostra terra al mercato esterno. L’obiettivo è quello di innescare un circolo virtuoso garantendo la stabilità lavorativa giovanile. Tutto possibile – spiega la referente del progetto – grazie a “Propilei: Fiori nascosti” e ai 40 mila euro stanziati dalla Regione per l’inserimento occupazionale». Al momento sono tre i ragazzi impegnati nella cura dell’orto sociale. Il percorso avviato a luglio 2021, slittato di un anno causa pandemia, è interamente dedicato alle categorie svantaggiate. La serra idroponica si estende su un’area di 600 mq ed è dotata di tecnologie di ultima generazione.
«Le piante – specifica Daniele Pala – sono fuori terra e vengono innaffiate 15 volte al giorno con 6 o al massimo 8 litri d’acqua. La particolarità del sistema a goccia è data dal fatto che l’operazione viene eseguita attraverso un apposito macchinario di irrigazione. Le dosi e il tempo si calcolano in base a un software. Inoltre, ogni coltura deve avere il proprio concime». Insomma, la tecnologia è un elemento fondamentale per assicurare il benessere delle piante e garantire loro un ambiente sano e ideale. Non si può, però, prescindere dal fattore umano. Quello empatico, viscerale, che da sempre lega l’uomo alla terra. Alla natura e ai suoi esseri viventi. “I ragazzi sono entusiasti. Si sentono parte integrante del progetto. Possono vedere con i loro occhi e toccare con mano il risultato del loro lavoro. Confidiamo che questo”, conclude Maria Murgia, “non sia altro che l’inizio di un lungo e prosperoso cammino da fare insieme. Magari con un numero sempre maggiore di persone”.