La Nuova Sardegna

Nuoro

Gli avvocati: «Capu d’Aspu la prescrizione non basta»

di Enrico Carta
Gli avvocati: «Capu d’Aspu la prescrizione non basta»

Le difese chiedono l’assoluzione nel merito anche nel processo d’appello In primo grado ci fu una sola condanna per le opere alla diga foranea sul Temo

12 gennaio 2022
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BOSA. La prescrizione ormai certa non basta. Gli imputati e i loro avvocati difensori chiedono l’assoluzione nel merito, anche per l’unico imputato che, in primo grado, era stato condannato a un anno. Tutti gli altri erano stati assolti e vogliono che sia così anche di fronte ai nuovi giudici. Era il geometra campano Salvatore Bisanti ed era il responsabile dell’impresa che svolse i lavori alla foce del Temo diversi anni fa. Il processo che si concluderà in appello il 15 marzo è infatti quello delle opere per la diga foranea sul Temo, motivo per cui bisogna riportare il calendario indietro di parecchi fogli.

La macchina del tempo ci conduce al 2013 quando esplose il caso giudiziario. La procura chiese e ottenne il sequestro del cantiere di Capu d’Aspu perché riteneva che ci si trovasse di fronte a una serie di reati. Al processo ne furono contestati quattro, non a tutti indistintamente, ma a seconda dei ruoli avuti nella vicenda e furono il peculato, la truffa, il falso e la turbativa d’asta. Sul banco degli imputati finirono, oltre al geometra Bisanti, anche l’ingegnere cagliaritano Paolo Gaviano, che per la ditta appaltatrice svolgeva le funzioni di direttore dei lavori; il geometra Luciano Baldino, responsabile del procedimento per conto del Comune; i tre componenti della commissione di collaudo, gli ingegneri oristanesi Piero Dau e Antonello Garau e il loro collega di Sedilo Antonio Manca; il sindaco Piero Casula che era primo cittadino anche all’epoca in cui venne affidato l’appalto e che fu coinvolto nella vicenda perché ritenuto responsabile di aver provveduto al pagamento di ferie non godute allo stesso Luciano Baldino; infine la funzionaria comunale Rita Mozzo.

Al processo di primo grado, proprio nei confronti di quest’ultima, la pubblica accusa aveva chiesto l’assoluzione, trovandosi così in linea con quanto sostenuto dalla difesa. Il processo di appello non la vede infatti tra gli imputati, mentre sono presenti tutte le altre persone prima indicate. Il pubblico ministero aveva formulato le proprie richieste in una precedente udienza e furono richieste di assoluzione, ma solo perché è passato troppo tempo dai reati ed è già arrivato il momento della prescrizione. Gli imputati però non si accontentano e, attraverso le memorie difensive e le arringhe degli avvocati Franco Luigi Satta, Gianfranco Siuni, Massimo Massa, Roberto Dau, Speranza Benenatti e Franco Pani, hanno chiesto l’assoluzione nel merito. Deve concludere solo l’avvocato Guido Manca Bitti che interverrà all’udienza del 15 marzo, prima che la corte si ritiri in camera di consiglio per la sentenza.

Il collegio difensivo chiede l’assoluzione piena, che ricalcherebbe, eccezion fatta per Salvatore Bisanti a sua volta ritenuto innocente, la sentenza di primo grado. I giudici di Oristano avevano valutato corretta la linea della difesa, ritenendo che non ci fosse una connessione tra i vari partecipanti di questa vicenda e che quindi non fosse stata organizzata la truffa che sarebbe stata generata da una perizia volontariamente errata, fatta dalla commissione di collaudo per favorire l’azienda che in realtà non avrebbe finito i lavori. Le tesi difensive hanno ritenuto ciò un’assurdità, tanto più che alcune intercettazioni lasciavano intuire che i rapporti tra chi lavorava, il Comune e la commissione siano stati davvero scarni e tutt’altro che confidenziali. Due mesi ancora e si saprà se l’assoluzione sarà ancora una volta nel merito o per prescrizione.

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