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Giuseppe Satta, lo stilista sardo: dal tunnel della droga alla rinascita

di Michela Columbu

	Lo stilista Giuseppe Satta
Lo stilista Giuseppe Satta

Il fashion designer di Gavoi è una superstar in Spagna, racconta la sua vita e fa un appello per chi è in difficoltà: fatevi aiutare

25 ottobre 2023
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Gavoi Il successo e l’affermazione professionale spesso non rappresentano la formula della tranquillità e della felicità. A testimoniarlo è lo stilista gavoese Giuseppe Satta, 46 anni, animo sincero e sensibile, con un percorso di vita che gli ha riservato ultimamente salite ripide e pericolose, ma che ora appare più agevole.

Si trova a Gavoi da qualche mese per stare vicino alla famiglia e da creativo quale è, ha in programma un progetto per la sua Gavoi «in collaborazione con la bravissima artista Silvia Gua, che fa delle cose splendide» spiega. È dal suo paese che continua la risalita verso una consapevole rivincita sulla vita, dopo un periodo nero che si è lasciato alle spalle. «Tre anni fa sono arrivato a varcare le porte del successo dopo anni di grande lavoro tra la tv spagnola Telecinco, il periodico La Razon dove davo consigli di moda, e sfilate d’alta moda». La carriera di Giuseppe è iniziata a Milano, due anni di scuola per fashion designer, poi ha lavorato come truccatore per Armani, Chanel, Dior, Armani, Saint Laurant, anche se la sua passione è sempre stata disegnare moda.

«In Spagna ho creato il mio marchio, rappresentato da una banda diagonale come le fasce dei primi cittadini, o le fasce delle miss, ho voluto democratizzare questo simbolo. A Barcellona ho aperto la mia azienda – spiega mentre mostra i documenti della sua creazione nelle carte bollate spagnole –, e avevo avviato una produzione di maglie da presentare in un importante evento di lancio a Barcellona, al quale sono venute persone famose come ad esempio la mia amica Cristina Tarrega, conduttrice televisiva molto conosciuta. Ma il giorno dopo questo evento sono caduto nel baratro della depressione e tutto è diventato nero. Non ho saputo gestire il successo, non ho saputo gestire le aspettative di chi mi stava attorno. Non ero pronto. Ho sempre sognato i riflettori ma per me è iniziato un periodo buio durato tre anni, dove alla depressione si aggiunge il consumo di droghe in una deresponsabilizzazione totale. Il giro di boa inizia lentamente quando ho varcato il cancello di una villa settecentesca nelle campagne di Barcellona, e qua un team di medici e psicologi mi ha accompagnato nel percorso di affrancamento dalla dipendenza». Il percorso in comunità e il reinserimento in società permette a Giuseppe di prendere nuova coscienza di se stesso. «Non rinnego il mio passato, è questo che mi ha permesso di capire chi sono e che responsabilmente devo gestire i miei successi, perché io avevo tutto prima di cadere, soldi e fama. Cancellerei solo il fatto di aver procurato dolore alla mia famiglia, perché la dipendenza ti rende egoista. Ma questo l’ho realizzato solo alla fine di questo percorso. Assieme al fatto di aver capito che molti dei miei problemi possano essere dipesi dalla mia infanzia tormentata dal bullismo».

Sorride. La sua casa di Gavoi, in compagnia del padre e della madre è un posto che l’ha sempre ispirato. «Qua ho amicizie significative, importanti e sicure, come quella con la mia mancata madrina Mariangela, o la mia cara amica sarta Rosangela, nel cui laboratorio mi piace vedere realizzati i miei progetti. Ho intenzione di tornare a Barcellona, ho intenzione di ripartire con il marchio, ma di fare i passi giusti per gestire il mio futuro. Il consiglio che do a tutti e il messaggio della mia testimonianza è di prendersi tempo, anche di isolarsi da questo mondo frenetico e lavorare su se stessi. È fondamentale fermarsi e rivolgersi a psicologi o psichiatri perché spesso pensiamo di gestire da soli problemi più grandi di noi, sbagliando».

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