Nuoro, Bastiano Secci condannato a 12 anni per il pestaggio della compagna: «Voleva ammazzarla di botte»
L’uomo aveva già una condanna per l’omicidio della cognata nel 2008
Nuoro «Non ho mai voluto ucciderla, signor giudice. E del resto, se avessi voluto farlo, avrei saputo come: sono un macellaio di lavoro. Quella sera c’è stato solo un litigio, una colluttazione. Ma non ho mai voluto ammazzare nessuno».
Poco prima che il gup Mauro Pusceddu si ritiri nella camera di consiglio, Bastiano Secci, 55 anni, macellaio di Irgoli – con una condanna già scontata per l’omicidio di una cognata a Orosei – chiede la parola e tenta per l’ultima volta di convincere il giudice e i presenti delle sue ragioni. E di raccontare una verità diversa dallo scenario ricostruito dai carabinieri e dai medici che lo scorso 9 marzo avevano raccolto, sanguinante e in condizioni critiche, con un occhio fuori dalle orbite e il fegato a rischio, la sua allora compagna, vicino all’appartamento dove la coppia conviveva, a Irgoli.
«Non volevo ucciderla, signor giudice, c’è stato solo un litigio», ha ripetuto nella tarda mattinata di ieri, al gup, Bastiano Secci. Occhiali da vista, jeans scoloriti, maglietta nera a maniche corte, circondato dagli agenti di polizia penitenziaria del carcere sassarese di Bancali, e vicino al suo avvocato Daniele Mundula, Secci non fiata quando, intorno alle 15.30, il giudice per l’udienza preliminare legge il dispositivo che lo condanna a una pena «di 12 anni, con una provvisionale di 45mila euro».
Un verdetto che decreta, in modo inequivocabile, quantomeno per il primo grado di giudizio, che lo scorso 9 marzo, a Irgoli, i carabinieri e i soccorritori non erano intervenuti per un banale litigio figlio di una gelosia insana e assurda, ma per un tentato omicidio. E commesso, tra l’altro, con una violenza feroce, come all’udienza scorsa aveva stabilito pure il medico legale Antonio Nieddu.
«Non c’è alcun dubbio che l’azione delittuosa, per le lesioni, per la forza e per i diversi mezzi utilizzati, avesse piena idoneità a produrre l’evento morte», aveva stabilito il professionista, spazzando via eventuali dubbi e altri scenari ipotizzati da Secci e dalla sua difesa. E che fosse stato un tentato omicidio commesso con una ferocia inaudita, e con l’utilizzo persino di un comodino e di un attaccapanni come mezzi per pestare a sangue la donna, lo hanno ricordato pure, nelle loro discussioni finali, il pubblico ministero Selene Desole, e l’avvocata di parte civile, Milena Patteri, nel corso di una ricostruzione dettagliata e accurata dell’accaduto. E la violenza di quella notte era stata attestata anche dalla testimonianza di un vicino di casa, che per primo aveva visto la povera donna ferita. «Sono sceso, ho aperto e mi sono trovato davanti questa signora. Io non la conoscevo, sinceramente, non l’