La Nuova Sardegna

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Pasquale Dessanai e i suoi tre nomi: il poeta nell’ombra torna alla luce

di Luciano Piras

	Pasquale Dessanai
Pasquale Dessanai

Nuoro, scoperte e raccolte le opere giovanili del socialista sovversivo e anarchico

15 febbraio 2024
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Nuoro «Mandat su sole ’e aprile tristos rajos, / rajos tremendos de sàmbene, alluttos! / Ingrogan sos labores, mesu ruttos, / e precan e irrocan sos massajos». Sembra scritta ieri, questa quartina. Come se la siccità non fosse mai passata. «Il sole d’aprile manda tristi raggi, / tremendi raggi di sangue, infiammati! / Ingialliscono le messi, cadenti, / e i contadini pregano e maledicono». Recita così “Siccagna”, “Siccità”, appunto, un sonetto doppio di Pasquale Dessanai, il poeta bilingue dimenticato che torna finalmente alla luce del sole. Un «vero poeta, indocile, trovatore insuperabile di rime vernacole» lo definì il Vate di Barbagia Sebastiano Satta. Figlio primogenito del sarto Luigi e della casalinga Mariantonia Nurra Sini, Pasquale Dessanai era nato a Nuoro «all’una di notte» del 23 agosto 1868; è morto a Uras il 29 ottobre 1919, da «sovversivo socialista anarchico», anticlericale e antimonarchico, «affetto da alcolismo tanto da non potersi reggere sulle gambe».

“Un ribelle nell’ombra” è il titolo, non a caso, di un voluminoso saggio di Giancarlo Porcu uscito di recente per i tipi de Il Maestrale (di cui Porcu è editor) e che ricostruisce la vita e l’opera di Pasquale Dessanai attraverso testimonianze e documenti, spesso inediti, l’analisi del linguaggio e soprattutto con l’edizione critica del corpus poetico in sardo e in italiano, con perle mai raccolte finora e scovate grazie al rigoroso studio filologico alla base del libro. Tant’è vero che questo prezioso lavoro è valso a Giancarlo Porcu il Premio Tullio De Mauro 2023. Basta leggere le pagine dedicate al “pasticciaccio” del cognome (dovuto alla celebrazione “tardiva” del matrimonio dei genitori del poeta nuorese, che in totale ebbero undici figli), per capire il tenore della ricerca.

Registrato all’anagrafe e battezzato come Pasquale Sanna perché Sanna era il padre: Luigi Sanna di Ignazia Sanna Meloni e di Giuseppe Pasquale Dessanai, anche il poeta irriverente passa in età giovanile da un cognome all’altro creando una certa confusione negli anni a seguire. Porcu (che già nel 2000 aveva dedicato un volume a Dessanai) scopre così due, tre firme diverse dell’autore noto per “Sas campanones de Santa Maria”: non solo Pasquale Dessanai, ma anche Pasquale Sanna e Pasquale Sanna Dessanai. Tutte riconducibili alla stessa persona.

«Pasquale – spiega Porcu – tarderà a servirsi pubblicamente del solo Dessanai, e questo ha occultato fino ad oggi tutta una produzione poetica giovanile firmata Pasquale Sanna comparsa nella rivista di Sassari “Amsicora” (1887-1888) e da qui nel volume “Antologia sarda” (1888)». «Due anni dopo – prosegue Porcu –, nella raccolta “Nèulas” del 1890 (silloge a due voci, pubblicata con Cam, pseudonimo di Amico Cimino), è l’autore medesimo ad accostare i due cognomi firmandosi: Pasquale Sanna Dessanai. Passa un altro anno, e nel numero di saggio della rivista “Vita sarda” (29 marzo 1891) compare il sonetto “Cuntrastu” a firma di Pasquale Dessanai: un nome e cognome da lì in avanti stabilmente usati dal poeta».

«Gudìndesi sas umbras, in s’istiu / a murmucchiu cantat su pastore; / muttettan sas sirenas de su riu / matzocchende sos pannos cun ardore» è la prima strofa di quel sonetto in logudorese. “Contrasto”: «Godendosi l’ombra, in estate / mormorando canta il pastore; / improvvisano strofette le sirene del fiume / battendo i panni con ardore». Lo stesso ardore che ha sempre tribolato la vita di questo poeta sanguigno e focoso, stimato anche da Grazia Deledda (che definì le sue poesie «capolavori della musa moderna sarda»), quasi osannato dal giornalista Stanis Manca (che vedeva in Dessanai la reazione alla «riluttante poesia sarda in un gran bagno di modernità»), ritratto dal pittore Antonio Ballero in una caricatura davvero originale, un pupazzetto altamente simbolico, tanto stilizzato quanto rappresentativo. Più volte arrestato, nel 1900 Dessanai era stato condannato per apologia di regicidio: impavido e sovversivo come suo solito, aveva approvato pubblicamente l’omicidio di Umberto I di Savoia compiuto dall’anarchico Gaetano Bresci. «Cantas barcas in mare a vela altzada / si làntziana suaves, navighende; / cantos caos marinos sun cantende / in s’àghera chin boghe sorrogada» cantava Dessanai. Sorvegliato speciale registrato nel Casellario politico centrale. Lasciato nell’ombra per essere poi dimenticato. «Quante barche a vele spiegate in mare / si lanciano soavi a navigare; / quanti gabbiani in volo cantano / con roca voce». Questo diceva Dessanai, tornato ora alla luce.

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