La Nuova Sardegna

Nuoro

L’inchiesta

Chat e pedinamenti: Marongiu sapeva di essere nel mirino degli Arzu – I MESSAGGI E LE INTERCETTAZIONI

di Valeria Gianoglio
Chat e pedinamenti: Marongiu sapeva di essere nel mirino degli Arzu – I MESSAGGI E LE INTERCETTAZIONI

Per tre anni l’arzanese ucciso ha cercato di controllare gli spostamenti dell’ex latitante e dei suoi fratelli

4 MINUTI DI LETTURA





Arzana «Per essere al sicuro tieni la bocca chiusa, e a me lasciami in pace che io non vi ho disturbato». Frasi via messenger, conversazioni intercettate nell’ambito delle indagini per un altro omicidio – quello di Mosè Cao, ucciso nel 2021 a Lotzorai – chat rimaste senza risposta ma dalle quali traspare tutta la preoccupazione per un rapporto ormai logoro e logorato tra Vincenzo Beniamino Marongiu e gli Arzu. A scorrere le carte degli anni che hanno preceduto l’omicidio Marongiu, agli inquirenti a posteriori è sembrato di leggere la cronaca di una morte annunciata: tre anni trascorsi tra sospetti, rancori, pedinamenti reciproci e reciproche paure di diventare la vittima di turno. Che tra Sandro Arzu, tra i suoi fratelli – arrestati lunedì con un fermo di indiziato di delitto – e Marongiu non corresse buon sangue da tempo, stando alle indagini dei carabinieri lo proverebbero decine di conversazioni captate e altrettanti messaggi che dal 2021 in poi, dopo l’attentato subìto da Sandro Arzu, disegnano un quadro inquietante.

Mino Marongiu, quei messaggi, li conservava sul suo telefonino, il 9 luglio del 2024, quando ancora non poteva sapere che sarebbe stato il suo ultimo giorno di vita, prima di morire in piazza Roma ucciso da un killer con due pistole. Un killer che per gli investigatori era Sandro Arzu.

I primi segnali del rapporto incrinato tra Marongiu e gli Arzu risalgono a dopo l’attentato subìto da Sandro Arzu, il 14 settembre del 2021. Forse a Marongiu era arrivata voce che Arzu lo stesse accusando di essere il suo attentatore: certo è che nel suo telefonino conservava diversi messaggi inviati via Messenger al fratello di Sandro Arzu, Roberto. Frasi che testimoniano, con il passare degli anni, un esacerbarsi dei rapporti.

«Di una cosa puoi star certo – scrive Marongiu il 18 maggio del 2023 a Roberto Arzu – ho sempre rispettato la vostra famiglia e se c’è gente che vuole credere il contrario, li isoliamo mettendoci a quattr’occhi». Marongiu, stando a quei messaggi rimasti senza risposta, negli anni precedenti al suo delitto stava cercando di ricucire i rapporti con gli Arzu. Ma era preoccupato in particolare per le mosse di uno di loro: Sandro. E ancora una volta, secondo gli inquirenti, lo testimonia il suo telefonino. Nello smartphone di Marongiu, recuperato dopo la sua morte violenta, infatti, non c’erano solo messaggi ma anche foto e tracce Gps. Da queste ultime risulta che il suo smartphone, fino all’ottobre 2022 e nei diversi anni precedenti, per ben 17 volte si fosse trovato davanti alla casa dell’allora donna di Sandro Arzu a Senorbì, dove l’uomo aveva vissuto per un periodo. E nella memoria del telefonino risultavano pure foto del citofono dell’abitazione di Senorbì. Stando a questi elementi, dicono le indagini, Marongiu da tempo stava tenendo d’occhio Sandro Arzu e i suoi spostamenti. Forse perché temeva agguati o ritorsioni. Tra gli altri aspetti, in quei messaggi Marongiu respingeva con forza un’accusa che gli Arzu, a suo dire, gli lanciavano: quella di essere un informatore delle forze dell’ordine. «Poi me lo dici in faccia che sto facendo la spia», scriveva a Roberto Arzu il 2 luglio 2023 – che mi hai visto in porto parlando con lui che mi ha fermato. Poi lo dici a me, che sono una spia. Impara a tenere la bocca chiusa e parla di cose sensate che io non vi ho mai rotto le scatole».

E sempre nel suo telefonino, Marongiu conservava anche le foto di diversi articoli del giornale che documentavano lo stato delle indagini relative alla scomparsa di Sandro Arzu, e persino ricerche su Google Chrome con una indicazione precisa: “scomparsa Sandro Arzu”. Per gli inquirenti c’è solo una spiegazione: Marongiu si sentiva in pericolo, perché sapeva che lo accusavano di essere l’attentatore di Sandro Arzu e di fare anche l’informatore delle forze dell’ordine. E per questo da un lato aveva cercato di ricucire i rapporti con gli Arzu, ma senza successo visto che i suoi messaggi rimanevano senza risposta, e dall’altro, ne monitorava in maniera spasmodica gli spostamenti. Arrivando persino a fotografare l’allora casa di Arzu a Senorbì. Ma non era stato sufficiente. Il 9 luglio, per i carabinieri, a ucciderlo era stato proprio Arzu.

Primo piano
Dalle intercettazioni

Sandro Arzu aveva progettato un sequestro di persona: nel mirino un uomo cagliaritano

di Valeria Gianoglio
Le nostre iniziative