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Federico Quaranta, lo scalatore del nuraghe Santa Sabina: «Perdonatemi, ho fatto un’idiozia»

di Claudio Zoccheddu
Federico Quaranta, lo scalatore del nuraghe Santa Sabina: «Perdonatemi, ho fatto un’idiozia»

Il conduttore Rai si scusa: «Amo la Sardegna, non sopporterei di non essere più gradito». Ma denuncia i commenti social: «Mi hanno augurato di morire»

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Sassari Quasi non fa in tempo a rispondere al telefono che si è già scusato, e riscusato: «Ho sbagliato, è stato un errore. Il mio è stato un comportamento da non emulare, ho avuto un atteggiamento irrispettoso. Perdonatemi». Federico Quaranta, conduttore televisivo e speaker radiofonico, è finito sotto la lente d’ingrandimento del popolo dei social dopo aver pubblicato alcune foto che lo ritraevano mentre “scalava” il nuraghe Santa Sabina, a Silanus. Un paio di immagini cancellate quasi subito da Instagram ma rimaste incastrate nell’algoritmo di Facebook e dunque esposte ai commenti di chi ha superato l’indignazione e ha scelto di caricare commenti di ben altro tono: «Mi hanno augurato di morire, mi hanno scritto che avrei meritato il carcere a vita e che da quel momento non sarei mai più stato accettato in Sardegna. Ho sbagliato, non finirò mai di dirlo, me ne sono reso conto quasi subito, ho chiesto scusa a tutti tramite i social, ho chiamato il sindaco di Silanus, la vice sindaca, la soprintendenza e poi mi sono trovato a leggere commenti come quelli. Mi hanno dato del vandalo, eppure non ho rovinato nulla con la mia bravata che, lo ripeto, non deve essere replicata in alcun modo. Però non ho smosso una sola pietrolina, lo ha accertato anche la soprintendenza».

Forse quello che fa più a male a Quaranta è un altro aspetto della vicenda: «Sono 23 anni che racconto la Sardegna, ho appena finito di girare 5 programmi che andranno in onda in prima serata ma sono pronto a farne altri 100. Sono passato ovunque con i miei programmi, ho visto i canyon e le grotte, ho raccontato le spiagge e le zone più impervie. Amo la vostra terra, penso che sia unica e irripetibile, una delle aree più rilevanti dal punto di vista culturale e naturalistico. Forse questo amore smisurato, unito al fascino del nuraghe Santa Sabina, mi ha fatto commettere l’idiozia che ho commesso. Amo arrampicarmi e l’idea di poterlo fare in un posto così bello mi ha travolto. Ora non so cosa accadrà, sono pronto a pagare un’eventuale multa ma davvero mi fa sentire male l’idea di non essere bene accetto in Sardegna. Voglio sperare che il mio passato non venga dimenticato per colpa dio questa idiozia».

Difficile che sia così, Quaranta può star tranquillo. L’isola non ha mai assegnato il patentino di portavoce agli attivisti da social, soprattutto a quelli che fabbricano minacce e insulti e poi li distribuiscono come se fossero noccioline. Tra l’altro, la bravata di Quaranta ha messo in evidenza un aspetto che caratterizza la gran parte del patrimonio archeologico dell’isola, compresi i nuraghi. Delle settemila torri di pietra scoperte fino a oggi, pochissime sono protette e ancora meno possono contare su un sistema di sorveglianza che sarebbe auspicabile per monumenti che possono arrivare ad avere quasi quattromila anni. “Scalare” un nuraghe, infatti, è fin troppo facile. Un po’ come lo è stato smontarli nei secoli scorsi, quando il “riuso creativo” nato dopo l’editto delle chiudende firmato da Vittorio Emanuele nel 1820 (che introdusse la proprietà privata) diede a tutti un motivo per smontare i nuraghi e riciclare le pietre, ad esempio, nei muretti a secco. Un destino che travolse anche i alcuni menhir, diventati panchine o ponticelli per guadare i ruscelli. Oggi il “riuso” è più complicato ma la tutela dei nuraghi rimane una pagina aperta nella gestione dei beni archeologici dell’isola perché non tutti, dopo averne abusato, si pentono e chiedono scusa.

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