La Nuova Sardegna

Olbia

Morì sotto il muro, una condanna

di Giampiero Cocco
Morì sotto il muro, una condanna

Riformata in appello la sentenza che assolse l’ex capo dell’ufficio tecnico per la morte di Mario Carta

13 dicembre 2012
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TEMPIO. La corte d’Appello di Sassari ha ribaltato la sentenza che, nel febbraio 2011, mandava assolto l’ex capo dell’ufficio tecnico di Tempio, Giuseppe Pinna, dall’accusa di omicidio colposo. Il professionista è stato condannato a otto mesi di reclusione perché ritenuto responsabile, nella sua veste di dirigente del settore urbanistico comunale, della morte di Mario Carta, 21 anni, un attivista di An che ebbe la sfortuna di passare, la sera del 22 gennaio 2008, sotto il muro di cinta della ex caserma Fadda dove un muro in granito era rovinosamente crollato al suolo seppellendolo. Una sentenza che rafforza la causa civile, intentata dai familiari della vittima, nei confronti dell’amministrazione comunale ritenuta responsabile di non aver messo in sicurezza un muro per il quale erano già stati avanzati seri dubbi di stabilità.

Ed è stata proprio una lettera, inviata dal Comune di Tempio al ministero delle finanze alla fine degli anni Novanta, quando la ex struttura militare non era ancora entrata nelle disponibilità immobiliari dell’amministrazione comunale e che sollecitava il ministero ad intervenire nella ex caserma per mettere in sicurezza il perimetro esterno della vecchia sede dell’esercito, ad inchiodare il Comune di Tempio. La ex caserma Fadda, che aveva ospitato una divisione del regio esercito sino agli anni Quaranta, venne dismessa ed entrò a far parte dei beni indisponibili dell’amministrazione comunale, la quale avviò una serie di opere di ristrutturazione e bonifiche per realizzare la “cittadella dei servizi”, lavori che però non avevano riguardato il perimetro esterno, quello che confinava con una stradina nelle vicinanze delle quali abitava Mario Carta.

Nel realizzare il marciapiedi di quella strada era stato eliminato il basamento sul quale si poggiava il muro in granito che, senza fondamenta e posizionato soltanto sul sabbione, venne già di botto, travolgendo e uccidendo il giovane studente. L’avvocato di parte civile, Alberto Sechi, ha espresso soddisfazione per la sentenza d’appello «che rende giustizia alla morte di un giovane che, in caso contrario, non avrebbe avuto alcun responsabile». I familiari della vittima hanno intentato un contenzioso civile nei confronti dell’amministrazione comunale per ottenere il risarcimento dei danni morali derivato dalla morte «anche se nessuna cifra – dicono i familiari – potrà mai restituirci Mario». Il quale era figlio unico ed erede designato di una avviata impresa di autolinee.

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