La Nuova Sardegna

Olbia

Lo investe con l’auto, giovane in coma

di Guido Piga
Lo investe con l’auto, giovane in coma

Un attimo di follia all’uscita di una discoteca, arrestato un 27enne per tentato omicidio. La vittima è in condizioni gravi

20 gennaio 2014
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OLBIA. «Che cosa guardi? Che problemi hai?». Sette e mezzo del mattino, via pubblica nella zona industriale. Daniele Puddu, 27 anni, olbiese, si rivolge così - secondo i carabinieri, che hanno sentito molti testimoni - a Simone Biosa, 19 anni, olbiese pure lui. Biosa, a piedi, insieme a un amico, intuisce perfettamente che Puddu - in macchina, insieme a un amico - aveva voglia di provocare, perché sa che già nella discoteca in cui avevano passato la notte, il Villa Pascià, senza mai parlarsi né scontrarsi, Puddu aveva dato più di una preoccupazione ai buttafuori. Meglio lasciar perdere, e infatti Biosa non risponde, né - sempre secondo le testimonianze - fa qualcosa che possa scatenare la reazione di Puddu, da lì a poco violentissima.

Puddu avanza un po’ con la propria auto, una Yaris, in direzione di Olbia, poi inverte improvvisamente la direzione di marcia e punta dritto verso Biosa e il suo amico. Il secondo riesce a schivare l’attacco, il secondo no: Biosa viene colpito in pieno, e vola a terra, privo di sensi. Puddu scappa, gli amici di Biosa chiamano il 118 e i carabinieri e comincia la corsa per salvare la vita al ferito e per identificare il feritore.

L’ambulanza arriva in pochi minuti e trasporta Biosa all’ospedale di Olbia: il primo referto parla di trauma cranico, con coma. Biosa viene stabilizzato nel reparto di rianimazione, ma i medici chiedono che venga trasferito all’ospedale di Sassari, in neurochirugia. Cosa che avviene poche ore dopo: i sanitari di Sassari verificano le condizioni del paziente con una tac e decidono di aspettare una notte e un altro esame prima di intervenire chirurgicamente. L’ematoma in testa si starebbe riassorbendo, ma le condizioni di Biosa restano gravissime.

Contemporaneamente i carabinieri avviano le indagini. I testimoni sanno indicare solo il modello e il colore nero dell’auto, ma non il numero di targa. I militari si mettono alla caccia del feritore, anche con l’aiuto di un elicottero levatosi in volo dalla base di Venafiorita.

La ricerca dà i suoi frutti intorno alle 9,30, un paio d’ore dopo l’investimento. La Yaris di Puddu viene localizzato nella zona di Mogadiscio, accanto alle case popolari di via Roma. È ammaccata perché - come sarà accertato dopo - Puddu, nella sua fuga, ha urtato un palo di cemento e alcuni alberi.

Il cerchio si stringe. I carabinieri circondano la casa (anche con l’aiuto di alcuni agenti della polizia locale) e bussano alla porta, ma non ottengono risposta. Puddu e il suo amico tentano un’altra fuga, passando da una finestra. Inutile, perché, come spiegano all’Arma, Puddu, da loro conosciuto per alcuni precedenti («in passato è stato denunciato per guida in stato ebbrezza e sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, resistenza e minaccia a pubblico ufficiale» è scritto nella nota ufficiale del comando provinciale) alla fine si consegna spontaneamente, ma fa finta di non sapere per quale ragione lo stessero cercando e chiede che abbia la possibilità di avere l’assistenza del suo avvocato.

Puddu viene portato in caserma. Alcune ore di interrogatorio, poi, sentito il pubblico ministero Rossi, scatta l’arresto con l’accusa di tentato omicidio. Decisive, per i carabinieri, sono le numerose testimonianze oculari e il riscontro dell’auto. L’amico di Puddu viene denunciato per favoreggiamento, in quanto ne ha assecondato la fuga.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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