La Nuova Sardegna

Olbia

Paolo Moi: ecco come vinceremo la crociata contro la talassemia

Il medico del Microcitemico in città per il convegno dell’Avis “Donazioni e terapie innovative” Le speranze legate ai progressi della terapia genica. La testimonianza del pioniere Ivano Argiolas

30 maggio 2014
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OLBIA. L’intervento del professor Paolo Moi incentrato sulla “terapia genica”, nuova frontiera nella lotta alla talassemia, ha impreziosito il convegno regionale organizzato dall’Avis “Donazioni e terapie innovative”, incentrato sulle nuove forme di donazioni di sangue e sugli sviluppi dell’utilizzo di staminali anche tramite il sangue cordonale. La manifestazione svoltasi al museo archeologico era organizzata grazie al centro trasfusionale dell’Asl di Olbia.

L’intervento di Moi, luminarie nel settore della lotta all’anemia mediterranea, direttore della II Clinica pediatrica e del reparto pediatrico di talassemia dell’ospedale microcitemico di Cagliari, spiega a che punto sono gli studi in materia. «La talassemia è una malattia genetica che quindi si presta a esser curata con la terapia genica – dice Moi – . È stata la prima malattia genetica di cui è stato identificato il gene, nel ’78. Già da allora in teoria era possibile pensare di introdurre il gene nelle cellule per correggere la malattia. Ma mancavano le conoscenze adeguate. Infatti ci sono voluti tanti anni di ricerche per conoscere anche le caratteristiche delle funzioni regolatrici dei cromosomi che servono per far funzionare quel gene». Nel frattempo ci sio è affidati al trapianto di midollo che però ha dei limiti oggettivi.

La svolta si è avuta quando si è scoperto che il vettore più efficiente può essere l’Hiv, il virus dell’Aids: «E’ infatti specializzato nell’entrare nelle cellule e integrarsi con il Dna – spiega Moi –; normalmente integra se stesso, ma svuotandolo di tutto ciò che è patogeno mettendoci dentro il nostro gene, si può sfruttare la sua capacità di inserirsi spingendo l’organismo a produrre l’emoglobina. Fino a qual momento si usavano altri virus che non erano altrettanto efficienti, perché la cellule staminali, essendo in qualche modo “quiescenti” sono profondamente refrattarie a essere modificate ». Ciò ha portato a nuove speranze e dalla collaborazione con l’università di New York è iniziata da oltre un anno una sperimentazione con tre pazienti, di cui uno sardo, Ivano Argiolas, che ha portato la sua testimonianza ed è in attesa di quei risultati che sono già visibili in un’altra paziente, una siciliana, la quale ha ridotto in maniera significativa le trasfusioni. Argiolas rappresenta un po’ il pioniere sardo della terapia genica, che presenta una quota di rischi, e la sua presenza ha emozionato i talassemici che hanno assistito al convegno.

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