La Nuova Sardegna

Olbia

Armi ai curdi, la nave Maior è già a Santo Stefano

di Giampiero Cocco e Pier Giorgio Pinna
Armi ai curdi, la nave Maior è già a Santo Stefano

Iniziate ieri mattina le operazioni per il trasferimento dell’arsenale. Dopo l’arrivo rotta del cargo oscurata. Partenza di notte e viaggio top secret

23 settembre 2014
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LA MADDALENA. I «gravi motivi di sicurezza nazionale e internazionale», e le esplicite minacce dell’Isis all’Italia, hanno fatto calare il velo del segreto militare su ogni fase del trasferimento del materiale bellico dai bunker sotterranei di Santo Stefano al Kurdistan iracheno.

Ma da ieri mattina nel ventre dell’isola i militari di marina ed esercito proseguono nello stoccaggio dentro i cassoni avio trasportabili e i container: stivano 2.000 razzi Rpg modello 7 e 9 e munizioni per fucili mitragliatori Ak 47 Kalashnikov (mezzo milione di cartucce destinate ai combattenti peshmerga. E nel primo pomeriggio il cargo Maior della compagnia di navigazione “Levantina Trasporti” di Bari, scortata dalle motovedette della capitaneria di porto e della guardia costiera della Maddalena, ha attraccato, di poppa ai pontili dell’isola di Santo Stefano.

Quasi contemporaneamente il trasponder Ais della Maior (il sistema di rilevamento e identificazione automatico della nave, che segnala via Gps rotta, velocità, scalo di partenza e destinazione) è stato spento. E ciò è possibile soltanto in situazioni di “sicurezza nazionale”, con specifica autorizzazione delle autorità marittime e militari. «Questa è la campagna finale dei crociati ma saranno i soldati dello Stato islamico a condurre l’attacco decisivo: conquisteremo la vostra Roma, faremo a pezzi le vostre croci, ridurremo in schiavitù le vostre donne», ha detto, in un messaggio audio diffuso su Internet dall'Isis, Abu Mohammad al Adnani, il portavoce dello Stato islamico. L'estremista invita i seguaci «a colpire i membri della coalizione ovunque siano». La minaccia riguarda tutti i Paesi che sostengono le operazioni militari di Stati Uniti e Francia in Iraq. «Se potete uccidere un miscredente americano o europeo, soprattutto uno sporco francese, o un australiano o un canadese, uccidetelo in qualunque modo possibile e immaginabile», ha detto il portavoce del terrorismo islamico.

Così, in questa drammatica partita, a giocare sino in fondo il loro ruolo sono scesi in campo i servizi segreti. Che, attraverso le loro segnalazioni, hanno suggerito al governo di abbassare i toni sul trasferimento delle armi e portare avanti le operazioni in segretezza. Ieri pomeriggio, nonostante l’indiscutibile e documentata presenza della nave nella rada di Santo Stefano, dai palazzi ministeriali di Roma si è continuato a smentire qualsiasi spostamento di «materiali bellici e di armi a Guardia del moro».

L’ufficio stampa del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, si è limitato a osservare: «Per quanto ci consta tutte le armi richieste in Iraq per i curdi sono già state trasportate in quel Paese, e non sono previste altre spedizioni, almeno per il momento». Affermazioni che in qualche modo contrastano con le ultime note ufficiali del ministro degli Esteri, Federica Mogherini. La quale, durante la conferenza internazionale sulla sicurezza a Parigi, e poi al palazzo di vetro di New York, davanti ai rappresentanti dell’Onu, ha ribadito l’impegno italiano contro il califfato dell'Isis che rappresenta «una minaccia globale che non conosce confini». E sottolineato come sia indispensabile che la comunità internazionale agisca sul piano militare, ma soprattutto politico e umanitario. «Siamo tutti d'accordo sulla necessità di agire insieme e sull'urgenza di farlo – ha detto – L’italia ha già avviato il ponte aereo per la consegna di armi e aiuti ai curdi, e proseguirà nel suo impegno con ulteriori 18 voli entro il mese di settembre», ha precisato all’Onu Federica Mogherini. Nessuna conferma su quanto sta invece avvenendo in queste ore a Guardia del moro arriva invece dagli addetti del sottosegretario Domenico Rossi, che ha la delega per tutto quel che riguarda le servitù militari in Sardegna. Tanto improvviso riserbo, dopo le relazioni parlamentari dei ministri della Difesa e degli Esteri, che con i loro interventi avevano avviato la svolta “trasparente” sulle operazioni militari italiane, non può quindi essere dettato che da ragioni di sicurezza nazionale. Da Roma, ormai, ci si limita a sottolineare come l’intera questione delle armi da destinare ai curdi sia «in divenire, e segua il corso del quadro mediorientale».

Comunque a Santo Stefano, i cui pontili sono stati off limits anche per il parlamentare di Unidos Mauro Pili, che intendeva visionare personalmente i lavori in corso nell’isola bunker, le operazioni di carico sul traghetto Maior sono cominciate nel tardo pomeriggio di ieri. Due motrici hanno trasportato a bordo del cargo diversi pallet che (presumibilmente) contenevano armi destinate ai combattenti curdi nella lotta contro gli integralisti islamici dell’Isis. Ma sui dettagli della missione resta fitto il velo del top secret militare. Un segreto che sarebbe stato opportuno applicare sin dal primo momento, come suggerì l’ex ministro della difesa Arturo Parisi, mentre cresce il rischio degli attentati terroristici anche in Italia. La partenza sarà quindi di notte e il viaggio oscurato. «Perché il rientro di “foreign fighters” è concreto anche in Italia – dice infatti Andrea Margelletti, presidente del CeSi (il Centro studi internazionali) –. Mentre disegniamo giotteschi buchi nel terreno, frutto di armi intelligenti più che della strategia che le utilizza, c'è il pericolo che cittadini europei o statunitensi addestrati alla morte in Siria e Iraq, possano tornare nelle proprie nazioni attraversando le maglie della nostra presunzione e, potenzialmente, provare a mettere a segno attentati nel cuore dell'Occidente». (ha collaborato Andrea Nieddu)

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