La Nuova Sardegna

Olbia

Arcobaleno, la speranza di farcela

di Stefania Puorro
La Comunità Arcobaleno ospita giovani che cercano di uscrie dal tunnel delle dipendenze
La Comunità Arcobaleno ospita giovani che cercano di uscrie dal tunnel delle dipendenze

La comunità di don Andrea Raffatellu si occupa oggi di tante dipendenze. Tra gli ospiti anche ex “malati” del gioco

17 febbraio 2016
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OLBIA. «Ricostruire una persona non è come sistemare una statua. Ma quando riesci a farla rinascere, allora il tuo cuore si riempie di gioia. Certo, non è sempre facile, a volte i risultati non arrivano. Ma noi continuiamo a crederci. Perché la nostra è una missione che portiamo avanti da 34 anni».

Don Andrea Raffatellu, padre della comunità Arcobaleno, nata inizialmente solo per il recupero degli ex tossicodipendenti, si muove in ogni angolo della struttura di Maltana e ripercorre tutta la sua storia. «Ma sia chiaro, però - dice subito -. Questa non è una clinica privata e non è neppure una piccola azienda. E’ un ambiente di rinascita e di speranza. Dove la forza sta nel gruppo. Qui non si fa niente da soli. Ogni ospite, durante qualsiasi attività, è sempre in compagnia e i più “anziani”, coloro cioè che stanno qui da più il tempo, danno una mano a chi invece è all’inizio del percorso e deve ancora affrontare i momenti più duri. Cos’è cambiato rispetto a quando abbiamo mosso i primi passi? L’entusiasmo è lo stesso di allora, ma c’è maggiore consapevolezza, ci sono più competenze e, soprattutto, ci sono problematiche più complesse. All’inizio il recupero riguardava coloro che avevano alle spalle la droga o l’alcol, oggi abbiamo anche ospiti che cercano di liberarsi dalla dipendenza del gioco».

«Ma c’è un’altra cosa che è opportuno sottolineare - aggiunge Rita Tamponi, vice presidente dell’Arcobaleno -. Spesso la gente giudica in modo sbagliato chi frequenta la comunità senza concoscere le situazioni. E invece, alla base, ci sono sempre grandi disagi, enormi sofferenze. E di questo si deve tenere conto. Così come è importante ribadire che tanti ex ospiti di questa comunità, sono ora diventati operatori della comunità e si mettono a disposizione per aiutare gli altri».

Tutto è in ordine, nella struttura di Maltana. C’è una grande sala comune, una sala mensa, una cucina e poi tanti laboratori (falegnameria, officina, lavanderia, stireria). E poi c’è un campo di cancetto e un piccolo gazebo (realizzato grazie alla donazione delle sorelle Satta) dove si fanno le riunioni di gruppo.

Ma come riesce ad andare avanti la comunità? «Siamo accreditati con la Asl - spiega don Andrea -: 18 posti per i nostri ospiti sono convenzionati, gli altri (per arrivare ai 25 complessivi) ce li paghiamo noi con gli aiuti della provvidenza. A questo numero si aggiungono i tre giovani che in questo momento sono nel centro di inserimento di via Andria. Oltre al sottoscritto, c’è un’équipe che lavora quotidianamente: tre educatori, una psicologa, quattro operatori specializzati, due operatori generici e i soci volontari».

La giornata, all’Arcobaleno, comincia presto: ci si alza alle 7 del mattino e si fanno le pulizie. Dopo la colazione, si comincia a lavorare e i gruppi si dividono: c’è chi cucina, chi lavora in falegnameria o in officina, chi nei giardini esterni o nelle serre. Alle 13 c’è il pranzo, poi si cominciano le varie attività (anche sportive) e i gruppi di lavoro con la psicologo. «Ma qui c’è anche spazio per lo studio - aggiunge don Andrea - e infatti molti dei nostri ospiti sono riusciti a laurearsi o diplomarsi. Tv o internet? Niente di tutto questo. I nostri ragazzi leggono i giornali e sono quindi informati ma l’obiettivo, lo ripeto, è quello di “liberarsi” e di rinascere con le loro forze e con tanta volontà. Il cancello della comunità è sempre spalancato. Chi non se la sente più, è libero di fare la valigia e di andarsene. E’ capitato. Non ci illudiamo, sappiamo che non si possono fare miracoli. Ma ci siamo e continueremo a esserci».

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