La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia sommersa dall'acqua, il dramma dell'alluvione del 1979

di Guido Piga
Olbia, via Vittorio Veneto sommersa dall'acqua il 21 febbraio 1979
Olbia, via Vittorio Veneto sommersa dall'acqua il 21 febbraio 1979

Le foto inedite e le cronache del giorno di febbraio in cui la città venne invasa dai fiumi

27 febbraio 2016
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OLBIA. Trentasette anni fa Olbia conobbe la prima, grande alluvione della sua storia recente. Era il febbraio del 1979. La pioggia cadde violentemente per tre giorni di fila, causando l’allagamento di una buona parte della città, che allora aveva poco più di 30 mila abitanti.

Tracimò il fiume Gadduresu (in alcuni documenti storici chiamato Santa Cecilia o Cecilia), invadendo d’acqua le zone di via Vittorio Veneto: dal quartiere Orgosoleddu a quello di Baratta. Anche il commissariato della polizia, allora in via Piemonte, fu sommerso. Ma anche la piena dei fiumi Siligheddu e San Nicola creò allagamenti, da zona Bandinu alla zona dell’ospedale.

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Non ci furono né morti né feriti, ma quell’alluvione mise a nudo la fragilità di Olbia, città in larga parte cresciuta sulle paludi, con due montagne alle spalle, Monte Pino e Monte Plebi, molto vicine e capaci di portare l’acqua a valle con grandissima velocità.

Ma, nel bel mezzo dell’emergenza, scoppiò pure la polemica. Perché secondo l’opposizione consiliare di allora, il Pci, la città fu costruita male e in fretta, senza nessuna pianificazione urbanistica. Una valanga di case che spuntavano ovunque, dal giorno alla notte. Olbia passò da 24.692 abitanti all’inizio del 1970 a 30.716 all’inizio del 1979: oltre 6 mila abitanti in più in soli nove anni, con una crescita percentuale record di quasi il 25%. Nessun come lei in Sardegna.

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Ma ecco, nelle cronache dell’epoca della Nuova e con le foto dell’archivio storico di Gavino Sanna, come andò in quei giorni di febbraio del 1979.

Scrivono Antonio Satta e Antonello Gosamo sulla Nuova Sardegna, prima pagina, del 22 febbraio 1979:

Dopo 36 ore di pioggia battente, un vero muro d’acqua si è abbattuto su Olbia, nelle prime ore di ieri mattina: tutti i canali cittadini sono straripati mentre l’alta marea ed il grecale impedivano il deflusso a mare. Migliaia di case sono state allagate dalle acque che hanno raggiunto, nel periodo di massima “piena”, anche il metro e mezzo di altezza. I danni sono nell’ordine delle decine di miliardi e per ora certamente incalcolabili. Da almeno 30 anni non pioveva così: l’invaso del Liscia ad esempio è cresciuto di 10 metri in dieci ore nonostante fossero aperte le valvole di sfogo. (…) Ancora dalla cronaca della Nuova. La prefettura aveva preparato “cento pacchi di viveri, composti da due litri di latte, un pacco di zucchero, un chilo di pane, un litro e mezzo di acqua in bottiglia; mezzo chilo di formaggio dolce, otto wurstel, cento grammi di cioccolato, che saranno distribuiti alle famiglie rimaste senza tetto”. “Nel 1945 – ha dichiarato il sindaco (Peppino Carzedda) – Olbia è stata bombardata dagli aerei, questa volta è stata letteralmente bombardata dalla pioggia”. Il vicequestore Torricelli, il capitano dei carabinieri Piroddi, il tenente della finanza Meloni, il comandante in seconda della capitaneria di porto Frattoni hanno diretto gli interventi dei loro reparti, secondo le indicazioni che arrivavano dal municipio, nella sala operativa coordinata dal sindaco. In città arriva anche il vicepresidente del consiglio regionale Francesco Asara. Nota del Pci: “La causa determinante di quanto avvenuto è data dalla imprevidenza, l’improvvisazione, la mancanza di ogni programmazione per un assetto ordinato della città e del territorio. (...) Si consente di costruire senza stabilire le quote, orientamento delle costruzioni, i livelli stradali, la canalizzazione delle acque”. Risponde la Dc (aderiscono Psdi e Pri): “Il documento del Partito comunista tenta di speculare in modo maldestro anche sulla calamità naturale per attribuire responsabilità politiche all’amministrazione comunale, che non ha deliberato per far piovere. Esso non può non suscitare lo sdegno e la riprovazione di tutti i cittadini onesti e ben pensanti”.

Così scrive l’inviato Sandro Macciotta sulla Nouva Sardegna del 23 febbraio 1979:

Arriva in città il ministro dell’Interno, Rognoni, che visita il municipio; mentre… “Nelle strade del rione Ospedale, di Orgosoleddu, di Bandinu, della zona del campo sportivo, la gente lavora in silenzio: svuota le case dal fango che si è accumulato, stende all’aria le poche cose che meritano di essere salvate. Tutti lamentano danni: c’è chi ha visto l’auto scomparire inghiottita dalle acque e chi i mobili galleggiare nel fango. Il proprietario di un negozio di abbigliamento spinge fuori dalla porta una montagna di stracci inservibili. Una volta erano vestiti. Un altro raccoglie una poltiglia di fango, pasta, farina. E’ così in migliaia di case, decine di strade. Perché l’alluvione? Da anni i cinque canali che attraversano la città non sono stati degrati. In molti punti sono stati deviati, intubati in condotte di piccoli diametro, sbarrati da ponticelli e da strade.

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