La Nuova Sardegna

Olbia

i familiari delle vittime

In lacrime le figlie di Anna Ragnedda: aspettiamo giustizia

di Serena Lullia
In lacrime le figlie di Anna Ragnedda: aspettiamo giustizia

OLBIA. La scrittura incerta, mossa. Di chi con le lacrime agli occhi ha cercato di seguire con la penna il dolore dei pensieri. Tre pagine in cui Maria Rosaria, Caterina e Nicolina Casalloni...

30 marzo 2017
3 MINUTI DI LETTURA





OLBIA. La scrittura incerta, mossa. Di chi con le lacrime agli occhi ha cercato di seguire con la penna il dolore dei pensieri. Tre pagine in cui Maria Rosaria, Caterina e Nicolina Casalloni raccontano il dolore per la perdita della loro madre, Anna Ragnedda, morta annegata nell’alluvione del 2013. Quattro anni in cui le ferite dell’anima non si sono mai rimarginate. Nei prossimi giorni ci sarà una nuova udienza del processo che cerca di stabilire i responsabili di quella tragedia. Giustizia lenta, bisontica, che sembra senza fine. «Cara mamma, da quando sei mancata tu la nostra vita è cambiata, anzi è stata stravolta – scrivono in una straziante missiva che è un viaggio nelle loro anime devastate –. Ogni volta che sentiamo che dovrà piovere incominciamo a sudare, a tremare, il cuore batte talmente forte che sembra ci voglia uscire dal petto». Caterina, Nicolina e Maria Rosaria tornano indietro nel tempo, all’ultimo ricordo felice, il 17 novembre 2013. «Era domenica ed eravamo in sala da pranzo nella casa di via Lazio a ridere e scherzare – scrivono –. Quel giorno, verso le 14,15, arrivò un fax al Comune di Olbia in cui il capo della Protezione civile comunicava l’allerta meteo per il passaggio del ciclone Cleopatra. Quel 17 novembre eravamo del tutto ignari di quello che sarebbe successo 24 ore dopo. Il Coc, il centro operativo comunale, si sarebbe dovuto attivare 20 minuti dopo. Ma nessuno uscì per strada ad avvertire la popolazione del pericolo imminente. Non lo fecero il 17 e nemmeno il 18 novembre». Quel giorno Anna Ragnedda morì annegata nella sua casa in via Lazio, in 180 centimetri di acqua, fango e detriti. «Se ci avessero avvisato ti avremmo portato via quel lunedì 18 già in tarda mattinata – prosegue lo sfogo delle tre donne –. Abbiamo cercato di metterci in contatto con l’ambulanza e i vigili del fuoco, ma nessuno ci ha risposto. Ci domandiamo ancora oggi dove erano i mezzi anfibi, dove le eliambulanbze».

Le tre sorelle Casalloni ricordano i canali tombati che fecero esondare i rii, le sterpaglie e i detriti che gonfiarono i fiumi. «Sono morti anche due bambini in quel disastro che sarebbe stato una tragedia gigantesca se fosse successo di notte. Secondo noi molte persone, da incoscienti, non hanno svolto il loro dovere. Mentre la gente moriva loro dove erano?Forse nelle loro case. Come se non bastasse il primo ottobre del 2015 una seconda alluvione si è abbattuta su Olbia. Questa volta il Comune ha mandato anche degli addetti con il megafono per avvertire la popolazione. L’acqua però è entrata comunque a casa, per un metro e 20. Fortunatamente quel giorno non ci sono state vittime. Ma noi, dopo quattro anni dal 18 novembre 2013, cerchiamo ancora giustizia. E continuiamo a combattere nelle aule dei tribunali perché chi è responsabile di quella tragica morte paghi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano

Video

Stefano Cherchi addio: a Sassari l'applauso della folla commossa per il fantino morto in Australia

Le nostre iniziative