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Olbia

Tempio, strage di via Villabruna: confermato l’ergastolo

Tempio, strage di via Villabruna: confermato l’ergastolo

Tempio, si conclude in Cassazione la vicenda processuale di Angelo Frigeri. Nel 2014 il giovane uccise Giovanni Azzena, la moglie Giulia e il piccolo Pietro

22 giugno 2017
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TEMPIO. La Corte di Cassazione ha confermato, ieri mattina, la condanna all’ergastolo per Angelo Frigeri, l’antennista di Tempio che, il 15 maggio del 2014, sterminò una famigliola composta da padre, madre e un ragazzino di 12 anni. La decisione della Suprema Corte ha reso definitiva la sentenza di primo grado che inflisse al giovane la massima condanna prevista dal codice penale. Una sentenza impugnata per sanare un vizio di forma avendo ottenuto, nonostante l’ergastolo, le attenuanti generiche. Dopo il ricorso del procuratore generale, che ha portato alla sentenza di ieri, il caso è definitivamente chiuso. Angelo Frigeri venne riconosciuto unico responsabile dell'uccisione del commerciante Giovanni Azzena, della moglie Giulia Zanzani e del figlio della coppia, Pietro, un ragazzino di appena 12 anni. L'inchiesta penale che venne portata avanti dal sostituto procuratore della Repubblica Angelo Beccu e dal capo della Procura Domenico Fiordalisi ha superato tutti i gradi di giudizio. I carabinieri della Compagnia di Tempio, poche ore dopo la scoperta dei corpi delle tre vittime nell’appartamento di via Villabruna, a pochi metri da Piazza Gallura, erano già sulle tracce dell’assassino. Il quale, la domenica mattina, si intratteneva tra la folla per vedere al lavoro i militari del Ris. Stando alla ricostruzione del triplice delitto da parte degli investigatori, Angelo Frigeri uccise per prima Giulia Zanzani per motivi banali –una lite scoppiata tra i due per la restituzione di una auto, finita a spintoni e alla accidentale caduta della donna che battè la nuca contro un tavolino –, quindi toccò al marito Giovanni Azzena, e poi al piccolo Pietro, il cui rientro a casa non era previsto. Che Angelo Frigeri fosse il responsabile di quella assurda mattanza era apparso chiaro poche ore dopo l’eccidio, quando i filmati della telecamera posizionata in via Villamarina, dove la coppia trucidata gestiva un negozietto di scarpe per bambini, venne visionati dagli investigatori. Nel vicoletto di via Villabruna, dove situato l’ingresso dell’appartamento della strage, era entrato soltanto Angelo Frigeri e le sue tre vittime. La conferma arrivò con le tracce di Dna dell’imputato sparse all’interno dell’appartamento, sui cavetti con i quali aveva strangolato, dopo averli tramortiti, marito e moglie e sul giubbotto nel quale era rimasto impressa l’innocente impronta facciale (Dna) del piccolo Pietro, il quale venne soffocato da Angelo Frigeri stringendoselo al petto.Un delitto d’impeto, sfuggito di mano all’antennista di Tempio che si impossessò delle carte di credito della vittima, prelevò danaro contante e, recuperata la fiammante Golf nera in uso alla coppia appena assassinata, andò a mangiare una pizza al mare con la sua nuova fiamma, una ragazza di Calangianus ignara d’avere a che fare con un pluriomicida. (g.p.c.)

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