La Nuova Sardegna

Olbia

Processo per l'alluvione di Olbia, le parti civili: «Condannate la dirigente Palermo»

Giampiero Cocco
Un'immagine di via Tre Venezie a Olbia durante l'alluvione del 2013
Un'immagine di via Tre Venezie a Olbia durante l'alluvione del 2013

Gli avvocati dicono no alla richiesta di proscioglimento del dirigente comunale:
«La città e la popolazione sono state lasciate in balia di un evento annunciato»

09 settembre 2017
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OLBIA. L’accusa privata, nel processo in corso al tribunale di Tempio per i lutti e le devastazioni dell’alluvione 2013, è concorde. «Quel drammatico giorno, ad Olbia e sul territorio devastato da pioggia e fango, è mancata l’organizzazione e la professionalità di coloro che dovevano garantire sicurezza e assistenza alla popolazione – ha detto ieri il penalista Domenico Putzolu, uno dei sei avvocati di parte civile che rappresentano i familiari delle vittime di Olbia –. Si potevano, in quei frangenti, mettere in campo tantissime cose per salvare la vita delle persone – ha proseguito Putzolu –, ma è stato fatto poco o nulla, per totale mancanza di professionalità. Nell’associarmi alle richieste di condanna formulate dalla pubblica accusa chiedo la condanna del funzionario Gabriella Palermo, la cui responsabilità traspare dagli atti che lei stessa non ha posto in essere prima della tragica alluvione». Domenico Putzolu, che rappresentava in Aula i familiari di Patrizia Corona, travolta e uccisa dalla piena nell’auto insieme alla figlioletta Morgana, ha parlato dopo il lungo e articolato intervento del collega Giampaolo Murrighile, che rappresenta con lui la famiglia della donna e della piccola, giungendo alle stesse conclusioni accusatorie: condanna come da richiesta del pm e attribuire la responsabilità penale «di queste morti alla dirigente del settore tecnico e lavori pubblici del Comune di Olbia, Gabriella Palermo. Sarebbe bastato un cordolo sull’argine del fiume che attraversa la città per impedire all’auto di finire dentro il canale di via Belgio – ha detto l’avvocato Murrighile – e far morire annegate nel fango Patrizia Corona e la figlioletta Morgana Giagoni, di appena 2 anni. Nessuna barriera era stata posta lungo la strada, nessuna transenna lungo il fiume che era ormai arrivato al livello della carreggiata».

Il difensore ha quindi sottolineato come sarebbe stato sufficiente eseguire una minima parte delle indicazioni previste dall'allerta emanato dalla Protezione civile per evitare la morte di madre e figlia. L'arringa di Murrighile ha anche evidenziato il mancato provvedimento di chiusura delle scuole, un intervento basilare previsto proprio nei casi di allerta estrema e che invece non è stato applicato. Un argomento, questo, ripreso a più mani da tutti i patrocinanti di parte civile, come l’avvocato Elias Vacca, che rappresenta i familiari di Francesco ed Enrico Mazzoccu, travolto dalla piena del Rio Siligheddu nelle campagne di Raica. «Francesco si era messo in auto con il figlioletto di due anni convinto, come sempre, di poter raggiungere la sua casa, nelle campagne di Olbia. Nessuno lo aveva avvertito che stava arrivando una alluvione catastrofica. Se fossero state attivale le squadre di intervento la sua vita, e quella del figlioletto di tre anni, si sarebbe potuta salvare, essendo rimasto per oltre un’ora in piedi su un muretto a secco che è franato sotto la spinta delle acque».

Il processo riprenderà lunedì prossimo con l’intervento dei patrocinanti di parte civile, tra i quali il cassazionista Mario Perticarà, che tutela i familiari di un’altra delle vittime dell’alluvione, l’anziana Anna Ragnedda, affogata sul suo letto nella abitazione di via Lazio

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