«Fatemi partecipare al consiglio comunale via Whatsapp»: scontro politico a Cheremule
Polemiche anche a Giave fra l’ex sindaca e l’attuale primo cittadino per l’assemblea civica che viene convocata sempre alle 13
Cheremule Da una parte l’ex sindaca, Antonella Chessa, dall’altro l’attuale primo cittadino, Salvatore Masia. Al centro, una controversia che si trascina ormai da mesi.
La prima, psichiatra e dirigente medico per la Asl di Nuoro, chiede di poter partecipare alle sedute di consiglio comunale da remoto, con un software apposito o con una semplice videochiamata su Whatsapp: «È l’unico modo che ho per partecipare, a causa del lavoro che svolgo». Il secondo respinge la richiesta e ribatte: «Siamo a disposizione per trovare giorni e orari che favoriscano la partecipazione, ma l’eccezione non può diventare regola».
Saranno i funzionari dell’assessorato regionale degli Enti locali a dirimere la controversia: li ha chiamati in causa con una lettera Antonella Chessa. Nei giorni scorsi hanno chiesto chiarimenti a Salvatore Masia che a breve invierà la sua risposta. Poi, sulla base delle argomentazioni contrapposte, verrà presa la decisione.
Fra gli argomenti portati a proprio sostegno dall’ex sindaca, l’approvazione, durante il suo mandato, di un regolamento che autorizza le riunioni di consiglio da remoto. Fatto non sufficiente, secondo Chessa, che si fa forte di una sentenza del Tar del Molise e spiega: «Può accadere in casi eccezionali, ma non può essere la norma: per quello ci sono i permessi dal lavoro previsti dalla legge per i consiglieri comunali». «Il fatto è che, come capita spesso nella sanità, i pochi medici che lavorano non possono assentarsi perché paralizzerebbero la struttura» risponde l’ex sindaca.
Chessa poi accusa l’amministrazione di utilizzare due pesi e due misure: «A due assessori viene consentito di partecipare da remoto e questo forse è l’aspetto più assurdo della vicenda». Masia ha la replica pronta: «Gli assessori partecipano da remoto alle sedute di giunta, per cui la legge non prevede permessi lavorativi per l’intera giornata. Si tratta di un organo esecutivo che può essere convocato in ogni momento. Ma a nessun consigliere è mai stato consentito di partecipare da remoto alle assemblee, anche perché le sedute vengono convocate con cinque giorni di preavviso e tutti gli atti vengono depositati con anticipo e possono essere studiati dai consiglieri, di minoranza e maggioranza».
Giave Basta spostarsi di pochi chilometri a Nord per incappare in una controversia simile. Stavolta però, a contrapporre l’ex prima cittadina di Giave Maria Antonietta Uras e il suo successore Gian Mario Chessa, è l’orario del consiglio, che viene convocato regolarmente alle 13. «Abbiamo chiesto al sindaco fin dall’inizio del mandato – attacca l’ex sindaca – di concordare una fascia oraria più accessibile, che permetta nei limiti del possibile la presenza alle riunioni di consiglieri e cittadini. Le 13 sono infatti un orario penalizzante, sono un orario di pausa o al massimo di fine lavori e non certo di inizio. Ancora più adesso, che si arriva anche a 40 gradi». «Polemiche pretestuose – le liquida Chessa -. Parliamo di un’assemblea al mese, rarissimamente due, convocata 5 giorni prima e che dura al massimo mezz’ora. Se uno si mette a disposizione della comunità, deve esserlo sempre: io lo sono, pur avendo rinunciato a gran parte dell’indennità. Noi siamo pronti a ragionare su altri orari, ma le 13 sono l’orario più comodo per la maggior parte dei consiglieri».