La Nuova Sardegna

Olbia

«Il cenone in famiglia? Meglio aiutare gli altri»

di Dario Budroni
«Il cenone in famiglia? Meglio aiutare gli altri»

In trenta nel centro storico per garantire la sicurezza durante il concertone Giuseppe Grillo: «La nostra unica paga è la contentezza di dare una mano»

02 gennaio 2018
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OLBIA. Il cenone era tutto in una bustina di plastica. Panino, arance, mandarini e un paio di bottigliette d’acqua. L’abito da sera era invece una divisa colorata con i nastri catarifrangenti. Altro che veglione in famiglia o danze scalmanate davanti al palco del molo Brin. Le ultime ore del 2017 le hanno passate per strada, in mezzo a una folla non proprio facile da contenere, con l’unica preoccupazione che tutto filasse liscio come l’olio. I volontari sono un pezzo importante dell’organizzazione di ogni maxi evento. Per garantire la sicurezza degli altri loro rinunciano praticamente a tutto. «Molti pensano che siamo pagati, ma non è così. Siamo volontari. L’unica paga è la gratificazione, è il tornare a casa contenti di aver dato una mano alla comunità», dice Giuseppe Grillo, 71 anni, volontario che nella vita fa l’ingegnere, presidente di una associazione di protezione civile. La sera del concerto di Capodanno, accanto alle forze dell’ordine e ai professionisti del soccorso, c’erano 30 volontari che fanno capo al Comune, più quelli della Croce Rossa. Gente che per puro spirito di servizio ha preferito rimandare a data da destinarsi il divertimento personale.

La festa degli altri. Lavorare mentre tutti gli altri si divertono non è mai facile. E lo è ancora meno se non c’è neanche un tornaconto materiale. Ma i volontari vanno oltre. «Beh, è normale che un po’ dispiaccia – racconta Giuseppe Grillo, il presidente dell’associazione Era, una delle tante che operano in città –. A casa mia, per esempio, c’erano amici e parenti. Durante la serata mi hanno mandato diverse foto su Whatsapp. Mi hanno fatto vedere cosa hanno mangiato e bevuto. Però questa è una scelta, una missione. E non possiamo di certo tirarci indietro proprio quando c’è bisogno di noi. Quindi ho lavorato tranquillamente. Insieme agli altri ho dato il mio contributo affinché l’evento si svolgesse in sicurezza. E alla fine ci siamo divertiti anche tra di noi». Le associazioni, di protezione civile e non, sono state coordinate dal Comune. E stavolta qualcuno si è preoccupati di far sentire meno soli i volontari. «Ci hanno dato un sacchetto con un panino, acqua e un po’ di frutta – continua Grillo –. È stato un gesto che abbiamo apprezzato molto, perché la maggior parte delle volte il panino ce lo portiamo da casa».

Un lungo lavoro. I volontari della protezione civile si sono occupati soprattutto di sbarrare le strade d’accesso al centro e di controllare il flusso nei pressi del palco. Il lavoro è cominciato verso le 18.30. «Molte persone, soprattutto quelle arrivate da fuori, non sapevano nulla dell’ordinanza anti bottiglie e anti lattine – spiega il volontario, veneto ma da anni in città –. Però devo dire che c’è stata molta collaborazione da parte degli spettatori. La gente ha capito. E alla fine abbiamo accumulato tantissime bottiglie». Il Capodanno dei volontari è stato particolarmente lungo. «Abbiamo finito di lavorare alle 5 del mattino – aggiunge il presidente di Era –. Siamo tornati a casa molto stanchi, però felici di aver fatto del bene. Ma questo non succede solo a Capodanno. Penso per esempio all’estate. Per quanto mi riguarda, a casa mia ospito sempre tanti amici. Però quando c’è un incendio si prende e si parte. Si lascia ciò che si stava facendo e si corre sul posto, pure in questo caso senza percepire un centesimo. Il volontariato è questo». Grillo spera che tante altre persone si avvicinino alle associazioni per indossare una divisa. «Purtroppo vedo che tra i volontari ci sono ancora pochi giovani – spiega –. Vedo soprattutto pensionati o disoccupati. Invece bisogna capire che essere volontari vuol dire dare una mano quando e come si può. E a ogni età».

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