Picchia la mamma, inflitti 2 anni
Il giovane di Luras è stato condannato anche per sequestro di persona
07 aprile 2018
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LURAS. «Mi rendo conto di ciò che ho fatto, so che ho sbagliato, sto vivendo una situazione di disagio. Chiedo scusa a mia madre e chiedo scusa anche a lei, signor giudice».
In aula, poco prima della sentenza che lo condannava a 2 anni e 2 mesi, Paolo Addis, 46 anni, di Luras aveva reso dichiarazioni spontanee. Poche parole per chiedere perdono alla sua famiglia. A sua madre, in particolare, per un anno bersaglio dei suoi scatti d’ira, delle sue minacce e delle sue continue richieste di soldi, di sigarette e di sonniferi, e sulla quale, secondo l’accusa, aveva più volte alzato le mani. Fino all’ultimo episodio, quello del 1 gennaio 2017, quando aveva strattonato e spinto la donna fino a farla cadere a terra, provocandole traumi e contusioni in diverse parti del corpo, e afferrato per il collo e trascinato sul divano la nipote, che aveva riportato lesioni a un dito. Poi, le aveva chiuse in casa, andandosene via con la chiave. Quel giorno, ai suoi polsi erano scattate le manette. Pesanti le accuse: maltrattamenti, lesioni personali e sequestro di persona.
Durante il processo sono stati sentiti diversi testimoni e la stessa vittima dei maltrattamenti che ha rievocato davanti al giudice monocratico i vari episodi di violenza del figlio e risposto alle domande del giudice e del pubblico ministero. Nell’ultima udienza, l’imputato, difeso dall’avvocato Maurizio Mani, ha voluto rendere dichiarazioni spontanee, ammettendo le sue responsabilità e chiedendo perdono per ciò che aveva fatto. Il pubblico ministero Gianmarco Vargiu ha chiesto l’assoluzione per il sequestro di persona e la condanna a 2 anni e 2 mesi per gli altri due reati contestati. Pena confermata dal giudice che però lo ha condannato anche per il sequestro di persona. (t.s.)
In aula, poco prima della sentenza che lo condannava a 2 anni e 2 mesi, Paolo Addis, 46 anni, di Luras aveva reso dichiarazioni spontanee. Poche parole per chiedere perdono alla sua famiglia. A sua madre, in particolare, per un anno bersaglio dei suoi scatti d’ira, delle sue minacce e delle sue continue richieste di soldi, di sigarette e di sonniferi, e sulla quale, secondo l’accusa, aveva più volte alzato le mani. Fino all’ultimo episodio, quello del 1 gennaio 2017, quando aveva strattonato e spinto la donna fino a farla cadere a terra, provocandole traumi e contusioni in diverse parti del corpo, e afferrato per il collo e trascinato sul divano la nipote, che aveva riportato lesioni a un dito. Poi, le aveva chiuse in casa, andandosene via con la chiave. Quel giorno, ai suoi polsi erano scattate le manette. Pesanti le accuse: maltrattamenti, lesioni personali e sequestro di persona.
Durante il processo sono stati sentiti diversi testimoni e la stessa vittima dei maltrattamenti che ha rievocato davanti al giudice monocratico i vari episodi di violenza del figlio e risposto alle domande del giudice e del pubblico ministero. Nell’ultima udienza, l’imputato, difeso dall’avvocato Maurizio Mani, ha voluto rendere dichiarazioni spontanee, ammettendo le sue responsabilità e chiedendo perdono per ciò che aveva fatto. Il pubblico ministero Gianmarco Vargiu ha chiesto l’assoluzione per il sequestro di persona e la condanna a 2 anni e 2 mesi per gli altri due reati contestati. Pena confermata dal giudice che però lo ha condannato anche per il sequestro di persona. (t.s.)