Caccia ai cinghiali nel parco: a processo
La Maddalena, uomo accusato di aver utilizzato una gabbia in ferro per la cattura
28 settembre 2018
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LA MADDALENA. La macchina fotografica piazzata in mezzo ad anfratti rocciosi e vegetazione dagli uomini della Forestale, aveva immortalato la gabbia in ferro che aveva costruito artigianalmente per catturare i cinghiali a “Punta Villa”, nel parco nazionale dell’Arcipelago della Maddalena.
Francesco Delogu, 63 anni, residente alla Maddalena, è finito a processo con un doppio capo d’imputazione: per aver esercitato la caccia in un’area protetta, attività che può compromettere la salvaguardia del paesaggio e della fauna protetta e dei rispettivi habitat, così sostiene l’accusa, e per averlo fatto con mezzi vietati, avvalendosi cioè della gabbia in ferro.
Ieri mattina, davanti al giudice monocratico del tribunale di Tempio Andrea Pastori sono stati sentiti i due agenti della Forestale che nel febbraio 2014 effettuarono gli accertamenti dopo aver avuto una segnalazione della presenza della gabbia in località “Punta Villa”, stessa zona dove l’imputato abitava. L’uomo aveva detto alla Forestale di averlo dovuto fare per necessità, perché tutta l’area era invasa di cinghiali: un pericolo per la sicurezza, oltre a provocare gravi danni alle coltivazioni e alle recinzioni del suo terreno.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Gianmarco Vargiu e del difensore dell’imputato, l’avvocato Aldo Kersevan, i due forestali hanno confermato l’attività di accertamento svolta a suo tempo.
Il difensore dell’imputato ha evidenziato la massiccia presenza di cinghiali nel Parco della Maddalena, facendo riferimento alle diverse ordinanze del sindaco con le quali si dichiarava l’emergenza cinghiali autorizzando l’Ente Parco a organizzare la cattura e l’abbattimento degli animali attraverso l’impiego di personale opportunamente preparato.
La prossima udienza è fissata al 24 dicembre. Saranno esaminati i testi della difesa. (t.s.)
Francesco Delogu, 63 anni, residente alla Maddalena, è finito a processo con un doppio capo d’imputazione: per aver esercitato la caccia in un’area protetta, attività che può compromettere la salvaguardia del paesaggio e della fauna protetta e dei rispettivi habitat, così sostiene l’accusa, e per averlo fatto con mezzi vietati, avvalendosi cioè della gabbia in ferro.
Ieri mattina, davanti al giudice monocratico del tribunale di Tempio Andrea Pastori sono stati sentiti i due agenti della Forestale che nel febbraio 2014 effettuarono gli accertamenti dopo aver avuto una segnalazione della presenza della gabbia in località “Punta Villa”, stessa zona dove l’imputato abitava. L’uomo aveva detto alla Forestale di averlo dovuto fare per necessità, perché tutta l’area era invasa di cinghiali: un pericolo per la sicurezza, oltre a provocare gravi danni alle coltivazioni e alle recinzioni del suo terreno.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Gianmarco Vargiu e del difensore dell’imputato, l’avvocato Aldo Kersevan, i due forestali hanno confermato l’attività di accertamento svolta a suo tempo.
Il difensore dell’imputato ha evidenziato la massiccia presenza di cinghiali nel Parco della Maddalena, facendo riferimento alle diverse ordinanze del sindaco con le quali si dichiarava l’emergenza cinghiali autorizzando l’Ente Parco a organizzare la cattura e l’abbattimento degli animali attraverso l’impiego di personale opportunamente preparato.
La prossima udienza è fissata al 24 dicembre. Saranno esaminati i testi della difesa. (t.s.)
