La Nuova Sardegna

Olbia

Bimbo segregato in casa: la zia confessa

di Tiziana Simula
Bimbo segregato in casa: la zia confessa

La 41enne è accusata di essere l’istigatrice delle punizioni inflitte dai genitori al loro figlio. «Collaboravo per rieducarlo»

12 dicembre 2019
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ARZACHENA. «Si l’ho fatto...Ammetto di aver fatto tutto ciò di cui sono accusata». Parla davanti al gip, la zia del bimbo maltrattato e segregato dai genitori nella sua casa ad Arzachena. Non nega nulla delle agghiaccianti punizioni inflitte al nipote che lei stessa ordinava alla madre di mettere in atto. Una confessione piena, la sua, resa in tre lunghe e concitate ore di interrogatorio. «Io ero d’accordo con i genitori, solo ora mi rendo conto di quello che ho fatto», dice. Spiegando che quelle condotte venivano adottate come mezzi correttivi nella convinzione della loro utilità. «Collaboravo con loro per risolvere dei problemi educativi del bambino», dice, ammettendo le sue responsabilità. Senza, forse, avere neppure realizzato tutto l’orrore e la crudeltà di quelle azioni. La 41enne olbiese, arrestata dai carabinieri con l’accusa di maltrattamenti e sequestro di persona in concorso con i genitori del bambino – da agosto ai domiciliari nella loro casa nelle campagne di Arzachena – difesa dal penalista Angelo Merlini, ha risposto a tutte le domande del gip Caterina Interlandi e ha raccontato diversi episodi avvenuti negli ultimi mesi, confermando la tesi dei pm Laura Bassani e Luciano Tarditi che hanno coordinato le indagini, presenti anche durante l’interrogatorio: le terribili e umilianti punizioni inflitte all’11enne, segregato al buio nella sua stanza per ore senza letto e con un secchio per fare i bisogni, picchiato con un tubo di plastica dietro le ginocchia, nutrito con pane e pasta in bianco, costretto a fare anche 12 docce gelate d’inverno, privato di giochi, di indumenti e della lettura della Bibbia. Intimorito con l’ascolto di audio con voci alterate tali da sembrare sataniche con cui veniva minacciato di essere portato all’inferno, di morire di fame, di essere torturato e ucciso dai demoni. Ben 37 gli audio nelle mani degli inquirenti. Punizioni folli, vere torture psicologiche e fisiche. Ma anche umiliazioni e denigrazioni continue: «Mi vergogno di avere a che fare con un bambino come te, neanche gli animali sono così...Mentre noi ci divertiamo, tu sei solo come un cane ... Continuerai a fare la fame, a rimanere senza materasso, a fare docce fredde...». «Chiudilo – intimava alla madre – Vai nella tua prigionia, stai solo come un cane», sono alcune delle frasi che la zia rivolgeva al nipote, così come emerso dall’esame dei contenuti dei cellulari dei tre indagati, in particolare delle conversazioni tra la zia e la madre del bambino. Registrazioni da cui è emerso un ruolo dominante proprio della 41enne: era lei che diceva e ordinava ai genitori come gestire e punire il loro figlio per le sue presunte malefatte. L’istigatrice dei maltrattamenti. A incastrarla sono state le telefonate trovate nel cellulare della madre del bambino registrate attraverso una app, forse scaricata inconsapevolmente, da cui è emerso come fosse lei a indicare a sua cognata come comportarsi col figlio e a istigarla a mettere in atto le più umilianti e terribili punizioni per correggere il comportamento del figlio. «La mia assistita – dice l’avvocato Angelo Merlini – ieri mattina davanti al gip di Tempio, ha dato inizio ad un faticoso e doloroso percorso di presa di coscienza dei propri comportamenti pregressi che sono sfociati nel suo arresto. Tre ore di interrogatorio non sono stati forse sufficienti a cogliere a pieno tutti i significati di una vicenda così intensa e coinvolgente. Le sue esplicite ammissioni dovranno essere ulteriormente investigate anche per meglio comprendere i meccanismi mentali che sono all’origine dell’agire dei protagonisti». La coppia dei coniugi galluresi è difesa dagli avvocati Alberto Sechi e Marzio Altana.



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